La sacra notte all'orizzonte è sorta e il consolante, grato giorno ha rotolato quasi velo d'oro, velo gettato sull'abisso. Come visione è dileguato il mondo esterno... E l'uomo ormai, quale orfanello privo di ricetto, sta nudo ed impotente, a faccia a faccia con il nero abisso.
Ed è a se stesso abbandonato, il senno annullato, il pensiero derelitto; nell'anima sua propria inabissato, né di fuori è sostegno né confine... Ed ogni cosa luminosa e viva gli pare adesso trapassato sogno... E nel notturno, estraneo, indecifrato conosce egli il retaggio familiare.
L'anima vorrebbe essere una stella, ma non già quando esse, come occhi vivi, dal cielo della mezzanotte guardano al mondo addormentato, sì a giorno, quando esse, occultate dal fumo dei solari ardenti raggi, come divinità più luminose ardono nel non visto etere puro.
Non la carne, ma l'anima è corrotta oggi, e l'uomo si strugge disperato... Dalla tenebra anela egli alla luce, e, raggiuntala, mormora ribelle.
Da mancanza di fede arso e tentato, oggi l'insopportabile sopporta... E la sua propria perdita conosce e fede agogna... eppure non la chiede...
Non dirà mai con pianto e con preghiera, per quanto soffra innanzi a chiusa porta: "Lasciami entrare! Io credo, mio Signore! Vieni in aiuto alla mia miscredenza!..."
Gioca, finché sopra il tuo capo l'azzurro è ancora senza nube, gioca cogli uomini e col fato: tu sei vita, promessa alle battaglie, tu sei cuore, anelante alle bufere.
Come spesso, da tristi fantasie oppresso, a te volgo lo sguardo, e l'occhio mio di lacrime s'offusca... Perché? Che cosa abbiamo di comune? Tu vai verso la vita: io mi ritiro.
Ho visto i sogni mattutini del giorno appena desto... ma le tarde, ma le vive tempeste, ma lo scoppio delle passioni, il pianto di passione, non è per me, no, tutto questo!
Ma forse alla calura dell'estate ricorderai la primavera... Oh, questo tempo allora anche ricorda, come un alcun confuso sogno svanito prima dell'aurora.