Pace non trovo e non ho da far guerra e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio; e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra; e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera, nè per suo mi riten nè scioglie il laccio; e non m'ancide Amore, e non mi sferra, nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido; e bramo di perire, e chieggio aita; e ho in odio me stesso, e amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido; egualmente mi spiace morte e vita: in questo stato son, donna, per voi.
Benedetto sia'l giorno e'l mese e l'anno e la stagione e'l tempo e l'ora e'l punto e'l bel paese e'l loco ov'io fui giunto da'duo begli occhi che legato m'ànno;
E benedetto il primo dolce affanno ch'ì ebbi ad esser con Amor congiunto, e l'arco e le saette ond'ì fui punto, e le piaghe che'nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io chiamando il nome de mia donna ò sparte, e i sospiri e le lagrime e'l desio;
e benedette sian tutte le carte ov'io fama l'acquisto, e'l pensier mio, ch'è sol di lei; si ch'altra non v'à parte.
Chiare, fresche et dolci acque ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo, ove piacque, (con sospir mi rimembra) a lei di fare al bel fianco colonna; erba e fior che la gonna leggiadra ricoverse con l'angelico seno; aere sacro sereno ove Amor cò begli occhi il cor m'aperse: date udienza insieme a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino, e 'l cielo in ciò s'adopra, ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l'alma al proprio albergo ignuda; la morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo, ché lo spirito lasso non poria mai più riposato porto né in più tranquilla fossa fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse ch'a l'usato soggiorno torni la fera bella e mansueta, e là 'v'ella mi scorse nel benedetto giorno, volga la vista disiosa e lieta, cercandomi; ed o pietà! Già terra infra le pietre vedendo, Amor l'inspiri in guisa che sospiri sì dolcemente che mercè m'impetre, e faccia forza al cielo asciugandosi gli occhi col bel velo.
Dà bè rami scendea, (dolce ne la memoria) una pioggia di fior sovra 'l suo grembo; ed ella si sedea umile in tanta gloria, coverta già de l'amoroso nembo; qual fior cadea sul lembo, qual su le treccie bionde, ch'oro forbito e perle eran quel dì a vederle; qual si posava in terra e qual su l'onde, qual con un vago errore girando perea dir: "Qui regna Amore".
Quante volte diss'io allor pien di spavento: "Costei per fermo nacque in paradiso! ". Così carco d'oblio il divin portamento e 'l volto e le parole e'l dolce riso m'aveano, e sì diviso da l'imagine vera, ch'ì dicea sospirando: "Qui come venn'io o quando?" credendo esser in ciel, non là dov'era. Da indi in qua mi piace quest'erba sì ch'altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia, poresti arditamente uscir del bosco e gir infra la gente.
Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond'io nudriva 'l core in sul mio primo giovenile errore quand'era in parte altr'uom da quel ch'ì sono,
del vario stile in ch'io piango et ragiono fra le vane speranze e 'l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me mesdesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto, e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo è breve sogno.
La vita fugge, et non s'arresta una hora, et la morte vien dietro a gran giornate, et le cose presenti et le passate mi dànno guerra, et le future anchora;
e 'l rimembrare et l'aspettar m'accora, or quinci or quindi, sì che 'n veritate, se non ch'ì ò di me stesso pietate, ì sarei già di questi penser'fòra.
Tornami avanti, s'alcun dolce mai ebbe 'l cor tristo; et poi da l'altra parte veggio al mio navigar turbati i vènti;
veggio fortuna in porto, et stanco omai il mio nocchier, et rotte arbore et sarte, e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
Pace non trovo e non ho da far guerra, e temo e spero; ed ardo e son un ghiaccio; e volo sopra 'l cielo e giaccio in terra; e nulla stringo, e tutto 'l mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre né serra, né per suo mi riten né scioglie il laccio; e non m'ancide Amore e non mi sferra, né mi vuol vivo né mi trae d'impaccio.
Veggio senza occhi e non ho lingua e grido; e bramo di perir e cheggio aita; ed ho in odio me stesso ed amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido; egualmente mi spiace morte e vita; iin questo stato son, Donna, per voi.
Passa la nave mia colma d'oblio per aspro mare, a mezza notte, il verno, enfra Scilla e Cariddi; ed al governo siede'l signore, anzi'l nimico mio;
a ciascun remo un penser pronto e rio che la tempesta e'l fin par ch'abbi a scherno; la vela rompe un vento umido, eterno di sospir', di speranze e di desio;
pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni bagna e rallenta le già stanche sarte, che son d'error con ignoranza attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni; morta fra l'onde è la ragion e l'arte: tal ch'incomincio a desperar del porto.