Scritta da: Pina Giordi
in Poesie (Poesie d'Autore)
Laudata sii per la tua pura morte, o sera, e
per l'attesa che in te fa palpitare le prime
stelle!
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Laudata sii per la tua pura morte, o sera, e
per l'attesa che in te fa palpitare le prime
stelle!
Come scorrea la calda sabbia lieve
Per entro il cavo della mano in ozio,
Il cor sentì che il giorno era più breve.
E un'ansia repentina il cor m'assalse
5 Per l'appressar dell'umido equinozio
10 Che offusca l'oro delle piagge salse.
Alla sabbia del Tempo urna la mano
Era, clessidra il cor mio palpitante,
L'ombra crescente d'ogni stelo vano
Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.
Sei come un piccolo fiore
tu tieni una boccuccia
un poco, davvero un poco
appassionata
Suvvia, dammelo, dammelo
è come una piccola rosa
dammelo un bacino
dammelo, Cannetella!
Dammelo e pigliatelo
un bacio piccolino
come questa tua boccuccia
che somiglia ad un piccola rosa
un po', davvero un poco
appassionata.
Si comm'a nu sciurillo...
tu tiene na vucchella,
nu poco pucurillo,
appassuliatella.
Méh, dammillo, dammillo,
è comm'a na rusella...
dammillo nu vasillo,
dammillo, Cannetella!
Dammillo e pigliatillo
nu vaso... piccerillo
comm'a chesta vucchella
che pare na rusella...
nu poco pucurillo
appassuliatella...
Voglio che tornando tu trovi una paroletta del tuo amico stasera.
Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre.
Ma stasera il desiderio è di qualità nuova.
È come un tremito infinitamente lungo e tenue.
Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole,
tremano tutte le ali dell'anima,
tremano tutte le fibre dei nervi,
tremano tutti i fiori della primavera
e anche le nuvole del cielo
e anche le stelle della notte
e anche la piccola luna trema.
Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda.
Ho la bocca piena delle tue spalle,
che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me.
Godo e soffro.
Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me.
Non mi hai lasciato tanta musica partendo.
Stanotte tienimi sul tuo cuore,
avvolgimi nel tuo sogno,
incantami col tuo fiato,
sii sola con me solo.
Oh melodia melodia...
Tremano tutte le gocciole del mare.
A mezzo il giorno
sul Mare etrusco
pallido verdicante
come il dissepolto
bronzo dagli ipogei, grava
la bonaccia. Non bava
di vento intorno
alita. Non trema canna
su la solitaria
spiaggia aspra di rusco,
di ginepri arsi. Non suona
voce, se acolto.
Riga di vele in panna
verso Livorno
biancica. Pel chiaro
silenzio il Capo Corvo
l'isola del Faro
scorgo; e più lontane,
forme d'aria nell'aria,
l'isole del tuo sdegno,
o padre Dante,
la Capraia e la Gorgona.
Marmorea corona
di minaccevoli punte,
le grandi Alpi Apuane
regnano il regno amaro,
dal loro orgoglio assunte.
La foce è come salso
stagno. Del marin colore,
per mezzo alle capanne,
per entro alle reti
che pendono dalla croce
degli staggi, si tace.
Come il bronzo sepolcrale
pallida verdica in pace
quella che sorridea.
Quasi letèa,
obliviosa, eguale,
segno non mostra
di corrente, non ruga
d'aura. La fuga
delle due rive
si chiude come in un cerchio
di canne, che circonscrive
l'oblío silente; e le canne
non han susurri. Più foschi
i boschi di San Rossore
fan di sé cupa chiostra;
ma i più lontani,
verso il Gombo, verso il Serchio,
son quasi azzurri.
Dormono i Monti Pisani
coperti da inerti
cumuli di vapore.
Bonaccia, calura,
per ovunque silenzio.
L'Estate si matura
sul mio capo come un pomo
che promesso mi sia,
che cogliere io debba
con la mia mano,
che suggere io debba
con le mie labbra solo.
Perduta è ogni traccia
dell'uomo. Voce non suona,
se ascolto. Ogni duolo
umano m'abbandona.
Non ho più nome.
E sento che il mio vólto
s'indora dell'oro
meridiano,
e che la mia bionda
barba riluce
come la paglia marina;
sento che il lido rigato
con sì delicato
lavoro dell'onda
e dal vento è come
il mio palato, è come
il cavo della mia mano
ove il tatto s'affina.
E la mia forza supina
si stampa nell'arena,
diffondesi nel mare;
e il fiume è la mia vena,
il monte è la mia fronte,
la selva è la mia pube,
la nube è il mio sudore.
E io sono nel fiore
della stiancia, nella scaglia
della pina, nella bacca,
del ginepro: io son nel fuco,
nella paglia marina,
in ogni cosa esigua,
in ogni cosa immane,
nella sabbia contigua,
nelle vette lontane.
Ardo, riluco.
E non ho più nome.
E l'alpi e l'isole e i golfi
e i capi e i fari e i boschi
e le foci ch'io nomai
non han più l'usato nome
che suona in labbra umane.
Non ho più nome né sorte
tra gli uomini; ma il mio nome
è Meriggio. In tutto io vivo
tacito come la Morte.
E la mia vita è divina.