Le migliori poesie di Gabriele D'Annunzio

Scrittore, poeta, drammaturgo, aviatore, politico e patriota, nato giovedì 12 marzo 1863 a Pescara (Italia), morto martedì 1 marzo 1938 a Gardone Riviera (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Silvana Stremiz

La sabbia del tempo

Come scorrea la calda sabbia lieve
Per entro il cavo della mano in ozio,
Il cor sentì che il giorno era più breve.

E un'ansia repentina il cor m'assalse
5 Per l'appressar dell'umido equinozio
10 Che offusca l'oro delle piagge salse.

Alla sabbia del Tempo urna la mano
Era, clessidra il cor mio palpitante,
L'ombra crescente d'ogni stelo vano
Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.
Gabriele D'Annunzio
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    Scritta da: Cheope

    A vucchella

    Si comm'a nu sciurillo...
    tu tiene na vucchella,
    nu poco pucurillo,
    appassuliatella.

    Méh, dammillo, dammillo,
    è comm'a na rusella...
    dammillo nu vasillo,
    dammillo, Cannetella!

    Dammillo e pigliatillo
    nu vaso... piccerillo
    comm'a chesta vucchella

    che pare na rusella...
    nu poco pucurillo
    appassuliatella...
    Gabriele D'Annunzio
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      Voglio che tornando tu trovi una paroletta del tuo amico stasera.
      Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre.
      Ma stasera il desiderio è di qualità nuova.
      È come un tremito infinitamente lungo e tenue.
      Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole,
      tremano tutte le ali dell'anima,
      tremano tutte le fibre dei nervi,
      tremano tutti i fiori della primavera
      e anche le nuvole del cielo
      e anche le stelle della notte
      e anche la piccola luna trema.
      Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda.
      Ho la bocca piena delle tue spalle,
      che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me.
      Godo e soffro.
      Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me.
      Non mi hai lasciato tanta musica partendo.
      Stanotte tienimi sul tuo cuore,
      avvolgimi nel tuo sogno,
      incantami col tuo fiato,
      sii sola con me solo.
      Oh melodia melodia...
      Tremano tutte le gocciole del mare.
      Gabriele D'Annunzio
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        Scritta da: Rosita Matera

        Meriggio

        A mezzo il giorno
        sul Mare etrusco
        pallido verdicante
        come il dissepolto
        bronzo dagli ipogei, grava
        la bonaccia. Non bava
        di vento intorno
        alita. Non trema canna
        su la solitaria
        spiaggia aspra di rusco,
        di ginepri arsi. Non suona
        voce, se acolto.
        Riga di vele in panna
        verso Livorno
        biancica. Pel chiaro
        silenzio il Capo Corvo
        l'isola del Faro
        scorgo; e più lontane,
        forme d'aria nell'aria,
        l'isole del tuo sdegno,
        o padre Dante,
        la Capraia e la Gorgona.
        Marmorea corona
        di minaccevoli punte,
        le grandi Alpi Apuane
        regnano il regno amaro,
        dal loro orgoglio assunte.

        La foce è come salso
        stagno. Del marin colore,
        per mezzo alle capanne,
        per entro alle reti
        che pendono dalla croce
        degli staggi, si tace.
        Come il bronzo sepolcrale
        pallida verdica in pace
        quella che sorridea.
        Quasi letèa,
        obliviosa, eguale,
        segno non mostra
        di corrente, non ruga
        d'aura. La fuga
        delle due rive
        si chiude come in un cerchio
        di canne, che circonscrive
        l'oblío silente; e le canne
        non han susurri. Più foschi
        i boschi di San Rossore
        fan di sé cupa chiostra;
        ma i più lontani,
        verso il Gombo, verso il Serchio,
        son quasi azzurri.
        Dormono i Monti Pisani
        coperti da inerti
        cumuli di vapore.

        Bonaccia, calura,
        per ovunque silenzio.
        L'Estate si matura
        sul mio capo come un pomo
        che promesso mi sia,
        che cogliere io debba
        con la mia mano,
        che suggere io debba
        con le mie labbra solo.
        Perduta è ogni traccia
        dell'uomo. Voce non suona,
        se ascolto. Ogni duolo
        umano m'abbandona.
        Non ho più nome.
        E sento che il mio vólto
        s'indora dell'oro
        meridiano,
        e che la mia bionda
        barba riluce
        come la paglia marina;
        sento che il lido rigato
        con sì delicato
        lavoro dell'onda
        e dal vento è come
        il mio palato, è come
        il cavo della mia mano
        ove il tatto s'affina.

        E la mia forza supina
        si stampa nell'arena,
        diffondesi nel mare;
        e il fiume è la mia vena,
        il monte è la mia fronte,
        la selva è la mia pube,
        la nube è il mio sudore.
        E io sono nel fiore
        della stiancia, nella scaglia
        della pina, nella bacca,
        del ginepro: io son nel fuco,
        nella paglia marina,
        in ogni cosa esigua,
        in ogni cosa immane,
        nella sabbia contigua,
        nelle vette lontane.
        Ardo, riluco.
        E non ho più nome.
        E l'alpi e l'isole e i golfi
        e i capi e i fari e i boschi
        e le foci ch'io nomai
        non han più l'usato nome
        che suona in labbra umane.
        Non ho più nome né sorte
        tra gli uomini; ma il mio nome
        è Meriggio. In tutto io vivo
        tacito come la Morte.

        E la mia vita è divina.
        Gabriele D'Annunzio
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