Furente poesia resta lì, a sbattere l'uscio a suon di versi - lo sai - è così che mi lascio guardare - oblio - - dimenticanza - - silenzio - - luce di tenebra e acqua - cocci d'anima rinati alla sua forma in te vive - la donna - pallida alba sul volto che dorme. Sprovveduto sorriso nelle tue mani aperte, non ti aspettavo nel caldo delle lenzuola - ti appartengo -.
Aveva avvertito come un tuono rimbalzarle contro il petto ansante Un'onda d'urto obliqua ai suoi pensieri Un arresto... poi la ripresa, incontestata poesia a frantumare i vetri del suo io assente. Non era una resa, ma un abbandono di sensi uguali. Solo, restavano lì, ancora una volta senz'armi a sorvegliare i domini dell'anima cullati dal cigolio dei ricordi -Verità o sogno - Non potevano più saperlo, - Timore del no - Questo li univa
I tuoni fanno tanto rumore li puoi udire sempre, anche se i battenti sono chiusi.
Ci sono cose che neanche la poesia sa raccontare, quasi mi abbandona, l'abbandono, non più complice di un tale affanno inveritiero. Un fluido denso di ribellione, uno schiaffo lacera il silenzio immutevole: basta! C'è chi usa la poesia per commettere crimini contro l'anima e mutare l'ignominia in verso, parole sporche di catrame di lingue inquinate divengono beltà del verbo su certi taccuini. Bada, lì dove l'Io prende forma l'ipocrita canta e ruba l'amore ai gentil boccioli, l'ultimo alito di preghiera impiccato ad un abbraccio bugiardo. Povero uomo senza cammino solo indietro il tuo arido esistere, brucia l'iride nel girone dell'inferno, vacuità di costole nutre il tuo destino, nessuna pietà per il sangue bevuto, il Sé è deceduto, carne meschina non abita l'amore.
L'anima pezzente mendica perdono ai margini di una lacrima che non gli appartiene. Sorseggia vino dalle sue labbra, sogghigna alla luna. L'anima pezzente trema al cospetto del vero. L'anima pezzente ha paura!
Lembi di parole si asciugano sulla lingua non conoscono più rivelazioni. Un fiore, occhi cavi, restano fermi all'ultimo morso sulla pelle già lacera un ghigno il tuo sorriso ché sai, alcuno potrà mai godere di quel profondo nutrito di famelico amore. Strappato alla sua carne attende la congiunzione che non dimora.
Chi c'è dall'altra parte di questo tempo che fa il suo mestiere, mani lasciate ad asciugare al sole e fulgide carezze appese al filo di un divenire che non ci appartiene. Non so chi tu sia alla luce di quell'abbaino sopra di me a dar da bere alle camelie celato alla nuova stagione. Il ronzio di un'ape ti parlerà di me e la margherita risponderà, bianca, e l'erba appena falciata berrà acqua amara di fronde acerbe e la terra salirà al cielo col sospiro dei nostri no. Languida la luna tornerà sulle tue ciglia abbandonate alla ninna nanna del cuore materno sgombro di incertezze e allora saprai dove andare ed io ti vedrò arrivare, semplice, una margherita tra le dita, eco di un sì tra le labbra dischiuse al pianto del tuo amore.