Scritta da: Gerlando Cacciatore
in Poesie (Poesie d'Autore)
Ingratitudine
Ero fanciullo,
e cercavo
la tua tristezza.
Sono un uomo,
e cerco di fuggire
da te.
Cercando, qualcosa
che non è in te.
Paese ingrato.
Composta giovedì 17 marzo 1977
Ero fanciullo,
e cercavo
la tua tristezza.
Sono un uomo,
e cerco di fuggire
da te.
Cercando, qualcosa
che non è in te.
Paese ingrato.
Venni al mondo;
sognai di essere industriale;
per la cupidigia
mi ritrovai...
Uomo medita la morte,
se vuoi essere.
Di morte il vivere è fatto.
Morte si accosta.
Non assillarti.
Inebriati di vita.
Non assillarti.
Affidati a lei.
Perché di vita, la morte è fatta.
Come una farfalla
Senza ali;
lungi nel deserto
vola;
cosi io, uomo,
immerso nei pensieri
cerco...
Una bara aperta?
Si!
Una bara aperta,
aspetta che il suo cliente,
entri in essa.
Così io aspetto che tu
entri in me.
Che il tuo ed il mio cuore
diventi tutt'uno;
che tutt'uno,
diventi il mio ed il tuo pube,
baciandosi.
Che pure tutt'uno,
diventi la tua e la mia bocca,
stringendosi;
cercando un calore.
Un calore?
Si!
Quel calore che canta
in ciascuno di noi,
l'amore.
Una strada infangata;
delle case diroccate;
un maiale.
I miei passi scricchiolando,
si accostano con delicatezza,
non conoscendo,
la forza inumana della bestia.
Tento di trascinarla fuori,
a respirare
l'igienica aria di campagna.
La bestia sa!
L'ora è scoccata.
Fa appello alla sua forza.
Tre persone,
con rabbia,
con furore,
beffandosi ironicamente
della povera bestia,
la trascinano fuori.
Una vecchia,
a fatica si tiene in piedi.
In mano un coltello.
La bestia al patibolo,
si presta involontariamente,
all'atroce fine.
Le sue grida disperate,
impallidiscono il mio essere.
Sorse in me, l'impressione:
Non esiste morte,
ancor più atroce
della stessa morte.
Disperatamente
la bestia, invocava
la stessa gente,
"che aveva, portato Gesù alla croce";
di salvarlo.
Il corpo inerte.
Un secchio pieno di sangue;
servito per fare
del sanguinaccio.
Era buio;
c'era del buio dentro di me.
Tanto che, non riuscivo a vedere,
ciò che la vita di bello ci sa dare.
Era buio.
Un buio così fitto,
da non riuscire a capire,
ciò che è bello, e ciò che è brutto.
Era buio.
Ma come in un sogno,
svegliandosi, tutto svanisce,
così quei momenti, che
rendevano me indifferente,
svanirono.
E ritornai a vivere.
Laura.
Mi sovviene una mamma,
che sorregge,
i passi del suo pargoletto.
Chicché tu sia,
Mamma,
persevera,
a sostenere i miei passi;
io ti sarò grato.
Così tu, Laura,
chicché tu sia;
perpetua a sorreggere,
il cammino
della mia vita.
Io ti sarò memore
porgendoti...
Dopo una lunga corsa,
ebbi di fronte,
una palla di fuoco.
Tentai di superarla.
Mi ritrovai, completamente
carbonizzato.
Allora avrei voluto,
non averla superata.
Avrei voluto,
non aver fatto
quella lunga corsa.
Avrei voluto,
restare inerte.
Avrei voluto,
restare fuori da questo mondo.
Avrei voluto,
non aver conosciuto una parola:
Ipocrisia.
Eri,
sei un amico.
Per l'ultimo viaggio,
ti prepari, definitivamente,
abbandonandoti
alle tenebre del sonno eterno.
La gente,
non bizzarra si veste.
La gente in festa non è.
Ti segue,
con il capo inclinato,
verso il basso,
con la faccia dell'addolorato.
Ipocriti e astrusi,
sono coloro
che accompagnano te,
senza una briciola di dolore;
approfittando del tuo ultimo
viaggio,
per abbacare
con altri ipocriti beceri.
Tu sai,
per l'ultimo viaggio
si prepareranno;
altri ipocriti,
accompagneranno loro
come loro accompagnarono.