Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)
Prato
La terra
s'è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre.
Commenta
La terra
s'è velata
di tenera
leggerezza
Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre.
Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d'amore.
Cessate d'uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l'impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell'erba,
Lieta dove non passa l'uomo.
Le mani con un tremito
del telefono stringevano il filo;
mi aveva poco prima
recato la tua voce
che mi diceva addio.
Un vagante raggio ebbe la luce,
tenue filo dell'anima
del mio bacio donato
solo dal desiderio.
Ma dall'esilio ci libererà
l'ostinato mio amore.
Stella, mia unica stella,
nella povertà della notte sola,
per me, solo, rifulgi,
nella mia solitudine rifulgi;
ma, per me, stella
che mai non finirai d'illuminare,
un tempo ti è concesso troppo breve,
mi elargisci una luce
che la disperazione in me
non fa che acuire.
Inizio di sera
la vita si vuota
in diafana ascesa
di nuvole colme
trapunte di sole.
Conosco una città
che ogni giorno s'empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una sera
Nel cuore durava il limio
delle cicale
Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell'aria torbida
sospesi.
Corruzione che s'adorna di illusioni.
Agglutinati all'oggi
I giorni del passato
E gli altri che verranno,
Per anni e lungo secoli
Ogni mattino sorpresa
Nel sapere che ancora siamo in vita,
Che scorre sempre come sempre il vivere,
Dono e pena inattesi
Nel turbinio continuo
Dei vani mutamenti.
Tale per nostra sorte
Il viaggio che proseguo,
In un battibaleno
Esumando, inventando
Da capo a fondo il tempo,
Profugo come gli altri
Che furono, che sono, che saranno.
Devetachi, il 24 agosto 1916
Col mare
mi sono fatto
una bara
di freschezza.