Padre mio, uomo sublime che il ciel mi ha messo accanto sol pochi anni della mia vita, tu già canuto, io giovane ancora; ho mosso i primi passi in questo mondo all'ombra tua, protetto, sempre amato. Eri fiero di me, mi davi tutto, trascuravi te stesso pur di fare ad ogni costo la mia vita felice. Discreta protezion che non pesava, parlava al cuor l'esempio di tua vita; tu t'imponevi col sorriso in volto, con la dolcezza tenera, infinita. E che ricordo gli ultimi momenti di tua stanca esistenza, quando forte sul tuo letto la mano mia stringevi, per non mollar la vita o forse, padre, per proteggermi ancor dopo la morte.
Contorti, sofferenti i miei pensieri ballano tetre danze nella mente sconvolta da antico dolore; gelido il sorriso sulle mie labbra, forzato, quasi un ghigno beffardo, mistificazione di gioia, paravento di un'amarezza che tutto mi pervade e che stroncarmi mi vuole. Arduo è vincere la voglia di cedere, di arrendersi senza un grido, un lamento, dicendo solo: basta... hai vinto! Poi l'abbandono cede alla speranza, alla rabbiosa riscossa, al sano orgoglio: rispetto mi devo, risorgere occorre, ridestarsi dal torpore! Ed anche se a denti stretti e nascondendo le lacrime, mi ridipingo un sorriso sulla faccia e riprendo a recitar la mia commedia.