Un un altro giorno ancora Scivola piano sulle mie mani vuote, respiro gli occhi rubati per strada e li raccolgo nel contenitore dei sogni da uccidere, e lo farò come sempre prima che l'alba accarezzi il mio balcone con la sua solita gelida mano d'una nuova falsa illusione.
La mia rabbia per te non è sopita ma lo farà domattina; si ridesterà solo quando la tua carezza brucierà la mia pelle vergine. Avevo gli occhi chiusi dalle tue parole.
Un tuo sguardo ha aperto la mia anima e l'ha lasciata finalmente volare sola.
Tremola poco lontano la tua fragrante figura. Sarò dolce in questa notte fatata, di stella, lacrima e poesia; tra le mie mani si ribella, l'arancia che solo nella mia bocca matura.
Pigro ti ascolto morire e quasi muoio sereno.
Saluto con un cenno di cuore il tuo sorriso che guarda altrove, e deformandoti in viso, scivola una lacrima di cristallo sul tuo seno.
La tua bocca s'apre a guisa di rosa e tace.
Un cenno di primavera sembra verdeggiare nei tuoi occhi, come scoglio in calmo mare o brezza di vento tra le foglie, pianto di pace; che brucia tutto il resto che per me è natale; brucia il fuoco dentro se stesso nel movimento, solo una lacrima può redimere uno, dieci, cento errori che mi hanno visto sbagliare uguale.
Ti vedo tra le sordide finestre del pensiero, uguale a mille baci di donna già assaporati allora, finiti già, ancor prima d'esser iniziati, persi nella notte di chi sono o di chi ero.
E continuo a non capire tutto il tuo pianto di cera.
Barcollo nella nebbia delle mie troppe risposte accompagnate poche volte, da domande poste male o mai poste, che di luce illuminano la sera.