Ad un uomo o ad una donna, al bimbo o all'anziana madre, all'amico dei vecchi ricordi, il dono di un bacio o di una carezza.
Dono d'amore o simpatia, brivido di gioia, brivido di tenerezza. Carezze e baci, sprazzi di luce come arcobaleno dopo un temporale gioiosa riconciliazione, al seguito di infinito amore.
Il silenzio è rotto dal rumore di chiavi. La casa vuota mi accoglie. Nel silenzio la coltre disordinata, la biancheria da stirare spiegazzata, il suono sordo, incantato, di una vecchia bambola rotta. Nel silenzio non sopporto nulla, mi affretto allora a spalancare la finestra. Finalmente il vuoto si riempie, il silenzio svanisce piano. Entra luce, entra l'afa di un'estate interminabile tutta da dimenticare, il fischio del treno, lo schiamazzo di bimbi che giocano di sotto, ed ecco, finalmente, la vita che vorrei, nella gioia delle voci, dei suoni e dei rumori. La vita riprende. Senza, vita non ho.
Vivere, devo, anche quando penso al buio dei giorni tristi, che scorrono senza sorriso. Vivere, devo, anche quando i sorrisi fuggono lontano, come su un treno imprendibile che corre su un binario distante. Vivere, devo, per i pargoli, innocenti creature nate dall'amore di giorni felici. Vivere, devo, per loro e non per me, devo, sforzandomi di sorridere ancora.