Scritta da: Rosetta.Z
in Poesie (Filastrocche)
L'albero
C'era una volta un albero, pieno di tanti frutti,
erano così buoni, che facevano gola a tutti.
Tanti gli uccelli, che posarono su di lui per mangiarli,
contento l'albero di saziarli.
Ma un giorno, un vento improvviso, su di lui soffiò
e via con sé, tutti i frutti dell'albero, si portò.
Da allora l'albero non ebbe più niente, agli uccelli da dare.
Così essi, volarono via, senza nulla dire,
per posarsi su nuovi rami, a cantar le pene,
dell'albero ormai spoglio del suo bene.
Lunghi inverni, sul grande albero son già passati,
e mai più quegli uccelli, da lui son tornati.
Nel suo sconforto, lo hanno lasciato solo,
e del loro canto, non gli fecero più dono.
L'albero da quegli uccelli è stato ormai abbandonato,
pensavano, che mai più frutti, esso avrebbe dato.
Ma un giorno il sole filtrò tra i suoi rami,
e vide che accanto a lui, crescevano dei fiori.
Si abbassò ancora un po' per meglio vedere,
e si accorse, che i fiori davano all'albero da bere.
Aspettò ancora un po' nel farsi vedere
per poter bene quei fiori osservare, e meglio capire,
ma non tardò che il sole,
la sua meraviglia, non nascose dal dire,
parlate o fiori ditemi che fate,
perché, sotto quest'albero arido, voi ancora sbocciate?
E il grande freddo, non vi ha toccati?
Dal gelido prato una voce, rispose:
caro mio sole, or tu fai presto a parlare
giacché è tanto tempo, che non passi di qui a salutare
del lungo inverno, ne portiamo anche noi i dolori.
E abbiamo tanto sofferto, ma senza, fare rumore.
Il forte freddo, la nostra bocca ha dovuto tacere.
Per non dare a quest'albero, ancor più, dispiacere.
Egli non è sempre stato, come adesso appare.
Grande e maestoso, era il suo fusto,
ed è sempre stato, un albero giusto.
E noi grande sole sempre qui, siamo stati.
Da che l'abbiamo conosciuto quest'albero,
non ce ne siamo mai andati.
Con le sue foglie lui ci ha vestito
e con i sui semi lui ci ha nutrito.
E i suoi rami, un tempo forti, ci hanno abbracciato.
Dalla pioggia e dal vento, ci han riparato.
Radioso sole tu ora sai
perché accanto a quest'albero, noi vogliamo stare.
L'amor, che abbiam per lui è tale,
che mai potremmo lasciarlo andare.
Perciò mio sole non esser stupito
se al grande gelo, non abbiam desistito
e col sorriso, il suo tronco abbiamo abbellito.
Or tocca a noi le sue pene curare,
perché lui possa tornare a sperare.
Per tutti gli inverni noi ti abbiam cercato
or che finalmente tu da qui sei passato
tu non fermarti, il suo aspetto, a guardare.
La sua corteccia tu ora vedi seccare
ma se appoggiassi il tuo orecchio, ad ascoltare,
sentiresti che dentro il suo tronco, inaridito
ancor gli batte un cuore ambito.
Se i tuoi raggi lo verrebbero nuovamente a scaldare.
Vedresti anche tu, quanto ancora quest'albero.
È capace di dare.
Allora il sole a sentir quelle parole, tanto si commosse,
e avvicinandosi all'albero così a lui si rivolse.
Oh! Vecchio mio!
Tu sei un albero fortunato!
Or, che ho sentito di questi fiori le loro ragioni,
io a te darò un'altra occasione.
Allora il sole illuminò i suoi rami
e lo cominciò di nuovo a scaldare,
e come d'incanto ricominciò a germogliare,
e il prato intorno a lui riprese a fiorire
abbagliando gli uccelli che da lontano lo stavan a guardare.
Dei più bei frutti l'ha rivestito
ripagandolo del gelido freddo a
cui ha resistito.
Or degli uccelli l'albero ne aspettava il ritorno.
Per mostrar loro il suo nuovo risveglio.
E cantar lui ora, con tanto orgoglio,
non ero morto ero solo appassito,
perché nel mio animo ero stato ferito.
Il grande albero dal sole è stato graziato.
Per tutto il calore, che i suoi rami,
nel tempo hanno dato.
L'albero di tutto ciò
ne rimase sbalordito, ma ancora un po' turbato,
chiese al sole, dov'era stato
in quel lungo inverno, in cui esso sembrava perduto
sperando ogni giorno che i suoi raggi venissero in suo aiuto.
Ma il sole rispose
tu sai che della terra io ne sono il capo
e faticoso è il mio da fare
tante sono le creature che devo scaldare
da un luogo all'altro mi devo spostare
il tempo che mi addormento
mi devo presto svegliare
però caro amico
sempre lassù, io sono stato
mi ero, solo un attimo assopito.
Ma non ero del tutto assonnato
e tutto il tuo dolore ho sentito
e tutta l'angoscia dei fiori ho ascoltato.
Loro la tua sventura mi han poi raccontato.
Ma da lassù su di te, ho sempre vigilato.
I miei raggi ti hanno sempre continuato a scaldare
ma eri così in balia del tuo triste fato
che il mio calore non potevi sentire.
Avevi troppo freddo, per poter capire.
Che mentre la furia della tempesta su di te si abbatteva,
il mio arcobaleno al tuo fianco nasceva.
A venire da te, ho un po' tardato, ma non ti ho mai abbandonato.
A me, quel tempo ormai passato, mi è bastato.
Per saper di te chi sei, e chi eri stato.
Ma soprattutto a te stesso, è molto servito
per capire veramente chi ti era amico.
Tu hai conosciuto il cuor, che con te era sincero.
Chi diceva di amarti, e chi invece ti ha amato davvero.
Come vedi ora io son tornato
e tutto il bosco saprà che sei rinato
perché ora so, che grande albero sei stato.
E che del sole non si debba mai dire:
che una amicizia abbia mai potuto tradire.
Or dei tuoi frutti ne terrai cura
per non sfidare di nuovo la natura,
lascerai andare, solo quelli, che io sole farò cadere,
per nutrire la terra, che sta sotto i tuoi piedi
or dimmi albero ancora una cosa
chi eran quei fiori che per te mi han cercato
e che ti hanno, così ben curato
quando tu eri tanto ammalato?
E di chi eran, le voci, che con me han parlato, in mezzo a quel prato?
L'albero, ancor da quel risveglio, un po' intontito
al sole rispose
mio caro amico, mi meraviglia che tu già, non l'abbia capito.
La voce del fiore, che tu hai sentito,
è di una rosa!
Ed essa, mio sole è la mia sposa.
E i fiori che accanto a me, così alti e belli!
Curavan le mie ferite
eran due gigli,
e essi sono i nostri figli.
Allora il sole, fece un sorriso compiaciuto,
e disse all'albero, io, l'ho sempre saputo!
Volevo ancora, per un momento
vedere se tu, ne eri stato attento.
Abbine cura di questi tuoi fiori
affinché nel tempo, mai a causa tua essi debban appassire
nuovi semi da loro nasceranno.
Che il tuo tronco per sempre abbelliranno
e altri uccelli su di te poseranno
che col loro canto i tuoi giorni allieteranno.
E della tua rosa
io di lei ne conosco il nome
non c'è fiore, che si possa dire,
più degno di stile
di come con grazia, ed eleganza, sa portare le sue spine.
Amico albero anche di te io ne so il nome
tra gli alberi di pino tu ne porti gli onori
indossi i tuoi aghi da gran signore.
Anche quand'essi ti danno dolore.
Nessun rimpianto avrai, per gli uccelli andati
essi con te, sono stati ingrati
ma anche per loro madre natura
avrà in serbo la loro avventura.
Da quel giorno che l'albero e il sole si son chiariti
per sempre son rimasti dei grandi amici.
Quel sole era Dio
e quell'albero sono io.
Composta mercoledì 12 agosto 2015