Scritta da: Andrea De Candia
Non chiedere
non ordinare il pasto
perché i morti non si
fanno pregare
prendono un assaggio dalla ciotola del mai
e lo portano nel serraglio del cielo.

Raramente si trova lì dentro qualcosa di utile
ma di tanto in tanto una strada di luce,
un labirinto che, cercare di evitarlo
è quasi insensato.

A gruppi di urla,
si presentano un essere dopo l'altro
noi veniamo a capo dei loro nomi
non del loro futuro
non aiutano i canti.

Gli abiti da tempo strappati
ci rimettiamo al lutto del silenzio
e siamo quello che siamo:

un sorriso passato.
Mariella Mehr
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    Scritta da: Andrea De Candia
    Luce teneramente registrata
    poco visibile ancora
    poco afferrabile.

    Solo il rumore
    ha fatto irruzione nei misteri della vita
    pavimenta i corridoi
    con il tempo contato.

    Canteremo attraverso la sera
    un canto con viticci di ossa
    grovigli di vene e sangue di fate
    tra le righe.

    Suoni semplici anche lì, non storpiati
    dove le esalazioni dell'aldilà premono
    per uscire dai pori della notte restante

    per alloggiare nell'alto
    rossore dei giorni

    Un requiem indistruttibile
    Per ogni giornata senza luce.
    Mariella Mehr
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      Scritta da: Andrea De Candia
      A quest'ora
      non vola solo il papavero
      a quest'ora scorre polvere di stelle
      fuori da tutte le caverne.
      In questi giorni si apre una parola
      dopo l'altra e sboccia
      e muore
      ed è a se stessa tomba.
      Se venisse uno
      a depurarmi
      il cielo infangato.
      Noi condividiamo, gli griderei,
      pane di lupo e gemme d'anemoni, sbrìgati,
      prima che il sogno arido ci sradichi.
      Un vento nero si alza
      e spazza l'ultima luce dalla mia fronte,
      un rondone non ritrova la sua nidiata.
      Una risata sospinge il cielo ai margini del mondo,
      prende fuoco, ah, sfonda rumorosamente il respiro d'argento.
      Distrutto il tuo amuleto di onde.
      Il tuo canto di piume
      bandito in un luogo oscuro.
      Mariella Mehr
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Dormi sotto i lecci
        per toglierti il giorno ammorbidito
        dalle labbra, prenditi
        il firmamento dalla mia pelle.
        Coglimi schegge di parole
        dalla bocca, cerca sotto
        le ramificazioni delle palpebre le
        scorte del lupo.
        Non chiedere. Svelto, mangia
        il pane del deserto
        che ti ha infornato il mio lupo trovatello
        e bevi tutta la mandragola.
        Già si addensa una maledizione intorno al tempo,
        un incubo frusta il mio cuore
        con vento inconsolabile,
        nella costellazione del Cane se ne perde la traccia,
        eppure:
        ancora rimane una parola sorrisa
        erba di zigani per la stirpe martoriata.
        Ancora metto un piede avanti all'altro
        e cresco nella confusione.
        Ancora mi rimane il fiore-di-nessuno,
        passi di rugiada, un'ora oscura.
        Rotola, nutrita di veleno, delusa dalle mie
        lacrime, dentro di sé fino al principio.
        Mariella Mehr
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Magistralmente tedeschi
          s'iscrivono i fucili
          davanti ai corpi.

          Uno vuole uscire allo scoperto
          vestito soltanto di un panno di nuvole
          il suo cuore non appartiene già più
          a questo mondo.

          Un solo colpo,
          il dio dei fiori dormiva
          febbricitante.

          Nella tua tazza gocciola
          l'ultimo vento di pioggia,
          bevilo tutto

          e riempi la tua
          bocca di cielo.
          Mariella Mehr
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            Scritta da: Andrea De Candia
            Giacinti, custodi del fiore della mia ferita.
            Sotto l'asse dei germogli
            ho trovato un disco di morte
            in stato di grazia.
            Grida di uccelli allineati,
            un filo di perle in diagonale sul monte di parole.
            Ora cadono piume lunari:
            il canto non consumato, per te.
            Il tempo ha per ognuno un cuore
            che, traendo i suoi sogni dalla polvere delle stelle,
            si strapazza di danze fino a diventare un folle.
            Ci diamo un cenno
            raffiche di luce da una bocca all'altra,
            un tocco di vento di papavero sulle nostre palpebre.
            Alla fine, davanti al cancello
            nell'ora arsa dal fuoco,
            la parola inespugnata.
            Mariella Mehr
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              Scritta da: Andrea De Candia
              Vitamia, dimmi,
              che un segno pasquale ci toglie
              dalla bilancia del dolore
              e che, dando la mano al vento del sud,
              la parola si rivela.
              Vitamia, prendi
              la luce che fugge e salva
              la parola in fuga dalla fuga.
              Baciami via il verso dalle labbra,
              intessilo delicatamente con la stella naufragata.
              Azzurro-febbre risplendono le spalle della collina,
              la notte minaccia la parola che invecchia portata dal vento.
              Vitamia, ascolta,
              accanto al pozzo sotto il frassino
              cantano i serpenti
              un Dio li adorna di una luce a macchie,
              e io, vitamia, gli succhierò fuori
              il veleno dalla bocca.
              Guarda, la sera mette le ciglia alla viola mammola
              e coglie piante-di-tenebra dai nostri capelli.
              Le ombre si affrettano a raggiungere un luogo senza patria,
              gli spiriti, ingannati dalle nostre palpebre, diventano ciechi.
              Mariella Mehr
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                Scritta da: Andrea De Candia
                Poco ha a che fare con gli esseri umani
                l'aridità della luna.
                Eppure è lì che fiorisce
                la verbena del cuore dalle rovine della luce,
                il giallo pozzo a carrucola dal fuoco lontano.
                Per giorni e giorni ho corso nella neve,
                non mi sono riscaldata
                e nessuno ha mantenuto la parola
                quando la mia si è infranta sul passo
                e sul rossore iracondo del cielo.
                Quando il silenzio ha mutato il mio piede in pietra.
                Neve, dunque, neve e carne
                in cui nessun canto soffia la vita,
                che porterebbe me all'aridità della luna
                oppure – anche questo -, che potrebbe essere redenta
                dai coltelli, come ultima consolazione.
                Ero leggera come un uccello
                con le penne d'oro, un segno nel vento serale
                e avvolta nello stupore del bambino.
                La mia bocca è passata oltre questo tempo felice,
                non vuole imparare a vedere, quando il giorno la interroga
                e cerca di afferrare un sorriso.
                Anche gli angeli, ora, sono diventati ciechi.
                Mariella Mehr
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  Una sera,
                  consacrata con troppa premura,
                  i vitigni fuggono
                  in una felicità lontana dal linguaggio.
                  Davanti alla cascina le ore di pietra,
                  ammucchiate e bianche
                  per via della mano del sole,
                  che le ha coperte.
                  Ora è tempo, fratello,
                  di custodire la stella naufragata,
                  perché nessuno la derida
                  con la bocca tozza.
                  Un grido vuole prendere fiato,
                  il grido sacrificale della selvaggina
                  toglie il cielo alla valle.
                  Buttami la luna,
                  il pane dell'instancabile.
                  Fammi rotolare la stella
                  davanti al sogno risvegliato col canto.
                  Mariella Mehr
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