Ho cercato l'orma di mio padre a vent'anni, senza rughe, un fragile sorriso posto ai margini del viso. Dalla scatola di latta le foto bianco e nero sfrangiate portano miti buoi tra messi raggiate. Il sole a picco, la luce cruda le braccia tese nella sfida il grano, la vite, l'ulivo avito paesaggi schiusi sull'infinito. Schegge lunghe una vita - icone d'un istante - nelle pose già un gesto distante. Ora mi chiedo quali orizzonti scrutino le iridi grigie e se il giorno nascente, - rosa miniato - possa arrestarsi al fitto lauro che chiude il giardino.
Non so se ancora ti incontra il dolore, amico, quando vai tra la gente e degli anni t'assale la somma. L'ho scorto negli occhi vivi un lampo spietato che a tratti, attraversa lo sguardo, penetra le cose, gli affetti pretende rispetto e solo a volte si stempera. Non siamo più gli stessi ripeti ci rode un'ansia senza nome. Sarà che sembrava tutto il mondo e stiamo già a metà del passo, o che di quelle chimere poche sopravvivono incolumi. Bastano – nondimeno – pur se inconfessate o basta immaginarle ignote. Saranno un'eco lontana, una segreta cui nessuno acceda, saranno l'infelice anelito che ci accompagna ognora, mentre, dai vicoli angusti, compaiono le ombre alle quali un giorno, ignari, chiedemmo la via.
Lo vedi? Sono giunti i giorni dei ripensamenti. Ricordi? Ci chiedevamo: come sarà? E ora sappiamo. Del molo sul lago indugia un'ombra, quasi un dolore che dentro la notte ci interpella, chiama a raccolta gli amici di un tempo quelli che ieri erano per sempre e non sono più. Tornano a volte, inaspettati, a riaprire stagioni perdute e sorridono dal canto di strada ove s'apriva l'uscio di casa.
Minuti ritagliati di nostre attese, ancora illese, che qualcuno saprà intuire sotto le pieghe che inesorabili si posano sui visi come le caligini sui campi di maggese.
Depongo una rosa sul comodino un piccolo fiore che dica ti amo ti guardo dormire stretta al cuscino senza destarti ti bacio piano.
Osservo le esili rughe sul viso indizi di vita trascorsa d'un fiato rivedo quel giovane ampio sorriso m'accorgo che non l'ho mai scordato.
Rammenti? Ci siam detti un remoto mattino che si poteva azzardar l'avventura tu donna del nord, io invece latino di andare insieme a un'età più matura.
E parmi un sogno di quelli più ameni amarsi dopo più di vent'anni malgrado tutto, concordi e sereni nell'affrontare gli innumerevoli affanni.
Quali traguardi porrà l'avvenire quante altre sfide vogliamo tentare quante emozioni ancor da spartire stretti per mano senza esitare?
Grazie mia cara, mia diletta amante dei giorni spesi con grande voluttà grazie di esser conforto costante e per i due figli: nostra immortalità.
Verrà la sera e ti somiglierà come l'armonia che non ritrovo. Verrà la sera e mi parlerà di te -compagna antica- con parole dilette. Sarà una sera innocente, stillante presagi scordati. Ci troverà novelli amanti allorché i figli saranno intorno e dalla panca vedremo leggiadra la luna sbiancare piano al limitare del nuovo giorno.
Lungo le consuete vie d'evanescenti luci ornate soli, a lungo camminiamo. Silente è la cittadina che notte e tramontana han reso spoglia. Sfiliamo tra palazzi austeri, sotto indomiti architravi, coi fiati a divenire nuvolecondensa, muti e incerti, un passo dopo l'altro, chiedendo ai muri quelle conferme che rinnovano la nostra attitudine al mondo.