Come le foglie che fa germogliare la stagione di primavera ricca di fiori, appena cominciano a crescere ai raggi del sole, noi, simili ad esse, per un tempo brevissimo godiamo i fiori della giovinezza, né il bene né il male conoscendo dagli dèi. Oscure sono già vicine le Kere, l'una avendo il termine della penosa vecchiaia, l'altra della morte. Breve vita ha il frutto della giovinezza, come la luce del sole che si irradia sulla terra. E quando questa stagione è trascorsa, subito allora è meglio la morte che vivere. Molti mali giungono nell'animo: a volte, il patrimonio si consuma, e seguono i dolorosi effetti della povertà; sente un altro la mancanza di figli, e con questo rimpianto scende all'Ade sotterra; un altro ha una malattia che spezza l'animo. Non v'è un uomo al quale Zeus non dia molti mali.
Che vita mai, che gioia senza Afrodite d'oro? Ch'io sia morto quando più non mi stiano a cuore l'amore segreto, i dolci doni e il letto: questi sono i fiori della giovinezza, desiderabili per gli uomini e le donne. Quando poi dolorosa sopravviene la vecchiaia, che rende l'uomo turpe e cattivo, sempre nell'animo lo corrodono tristi pensieri; e di vedere i raggi del sole non gioisce, ma è odioso ai ragazzi e in dispregio alle donne: così penosa fece il Dio la vecchiaia.
Un male senza fine donò Zeus a Titono, la vecchiaia, più agghiacciante anche della morte penosa. ... Ma come un sogno breve è la giovinezza preziosa: presto, incombe sul capo la tormentosa e deforme vecchiaia, nemica, spregevole, che non fa più riconoscere l'uomo: danneggia gli occhi e la mente avviluppandoli.