Guarda la luce che filtra dalle spesse vetrate la sua intensità in crescendo arroventare sulle tue mani in protezione di un viso prigioniero della lacrima no, non è una giornata densa di aspettative meglio quindi scivolare dentro le voragini di un cielo capovolto aspettando che una nuova luna possa quietarti. Senti anche tu lo svolgersi del tempo così impreciso come un ingranaggio difettoso? Agli occhi non resta altro che appoggiarsi alla notte strisciando sopra il respiro della terra toccando gli oceani lividi e i mari più estesi a d'ogni cosa c'è un fine è possibile credere ora che io sia soltanto una parte immedesimale delle tue ricchezze un flusso d'aria spinto nell'eterna ricerca di quello che addietro persi e mai dimenticai.
Non ho più paura della morte da quando osservando la chiglia delle navi al rumoroso porto gli uomini arridono all'imbarco con le armi sottobraccio. Il mare è inquieto ma allo stesso tempo fragile sembra un tappeto di schiuma lucente la battigia ora. La lontananza può essere l'occasione per amarti nel profondo lo so, i tuoi baci potranno cedere ad altre tentazioni forse non tornerò in quanto, il destino mi potrà riservare il suo esito beffardo forse sarò dimenticato ma se dovessi morire io sognerò comunque la tua gratitudine per il resto dell'eternità.
Accesi il sorriso d'un'altra, da allora le notti mi inghiottono frenetiche. Vorrei stringerti, ma le luci bussano già e i respiri si fanno insistenti, di certo, dall'altra parte del mondo, un altro uomo uccide i suoi silenzi.
Il vento si adopera a portar il suo respiro, è freddo quando serpeggia tra le sterpaglie accatastate, ai margini del rude capanno senza vita, verdeggiano di muschi e licheni le rocce, che affiorano dal sentiero pervio, non lontano i pini nudi baciano un cielo elegante, dove essi infittiscono l'ombra li inghiotte, in un desio di lieve malinconia.
Corresti esultante incontro a uno spicchio di cielo terso lasciando la pioggia proporsi esausta tra i vigneti inermi dal triste spoglio. La notte spazientì concedendosi dai rivi traboccanti alle piane impervie nell'autunno appena scorto. Dalla veglia delle stanche mura la luce graffiò gli specchi d'argento quando supina il sonno ti sorprese. E al contempo la luna si ribellò alle nubi arrestandone l'inquieto pianto. Non c'erano che i tuoi silenzi a dipingere il volto della solitudine in fondo alla stanza dove morivano i respiri allorché sedettero in disordine i colori ineleganti dell'acerbo inverno un altro giorno passò ferendo a piedi nudi i campi innevati inseguendo la tua dolce follia.