Tu che esistevi prima dei monti e delle nubi, prima del mare e dei venti. Tu il cui inizio è prima dell'inizio di ogni cosa e la cui gioia e dolore sono più antichi delle stelle. Tu che eternamente giovane vagasti sopra le vie lattee e attraverso le grandi tenebre fra di esse. Tu che eri solo prima della solitudine e il cui cuore era colmo di angoscia molto prima del cuore degli uomini - non mi dimenticare.
Ma come potresti tu ricordarmi. Come potrebbe il mare ricordare la conchiglia nella quale una volta mormorava.
Cadrà il bastone dalla nostra mano, il vagare avrà un termine, deserta rimarrà la terra degli uomini, nulla più vi accadrà. Nemmeno un uomo mirerà lontano, nemmeno un giovane veglierà. Nemmeno un pellegrino sul duro giaciglio assaporerà la beatitudine della sua anima.
Se ne saranno andati, quelli che qui vissero. In silenzio si allontanarono da quanto esiste. - Nessuno che si voltò indietro...
Le stelle ancora fiammeggiano nell'eternità. Ancora per tempi infiniti, Lo scintillio della via lattea, la nebulosa, ancora attraversa gli spazi. E tutto è come prima. Soltanto noi non siamo più. I fuochi dei nostri bivacchi si sono spenti.
Tra diecimila anni sotto gli alberi passerà una fanciulla snella e bionda con fiori tra i capelli, e sarà ancora primavera.
È un'ora mattinale qui nel bosco della mia giovinezza, dove tutto è fresco di rugiada, ogni sentiero, ogni albero è cespuglio, tutto ciò che non perisce.
Luminoso, il ramo della betulla sfiora la sua fronte pura, ed è ancora lei che un giorno ho amato, tutto ciò che è stato esiste ancora.