In volo o di notte ho visto la solitudine. L'ho vista sulle colline bruciate dell'Italia in fiamme. L'ho vista nelle acque grigie e opache dell'oceano agitato. L'ho vista nelle file di macchine lussuose sfreccianti nella notte sulle highways della California. L'ho vista negli occhi di una donna l'ho vista nei miei occhi, nei bambini abbandonati, nei clochards di Parigi, nella fame in oriente e in occidente. Nella schiena spezzata dei malesi a Singapore, nei cortili terrosi alla periferia di Chicago, negli esuli albanesi ai semafori di Atene. Ma adesso è qui, di fianco a me che guida la mia mano e che ride di me e del mondo che governa in silenzio.
La felicità è il battito d'ali del coleottero che non calpesti. Il minusculo lembo di pelle che si stacca dal dito ferito. Una caraffa di bianco frizzante bevuta d'un fiato senza respiro. Le lacrime sincere d'una ragazza pallida il mattino alle cinque alla stazione dei treni. Quel momento unico d'estasi onirica quando tutto si blocca e intravvedi uno strappo nel tempo che ti regala un secondo di vita. La felicità è quello che non hai, sono i rimpianti e i ricordi a cui ti leghi nella sera o di notte.
Minime storie di vetro sono le vite umane. Infranti occhi che soccombono alla stanchezza degli anni. Brumose incertezze del tempo che passa sintesi estrema del piacere di vivere. Malinconia latente è il mio pensiero indifferente al mondo ma in esso incluso. Frattaglie e sangue sul sentiero innanzi.