Quanto t'amo dirti vorrei con parole dolci come soffi di brezza ai crepuscolari ulivi su uno sfondo rosato di cielo e di mare. Quanto t'amo dirti vorrei con la voce della mia terra arsa di sole, dal sapore di lava e passioni mai sopite assolate di giallo della sabbia del Sud. Irrefrenabile scorgi nei miei occhi ed io nei tuoi questo senso di mutuo perderci io e te in noi nell'attesa di una notte propizia in cui si scontrino i nostri due sogni.
Piange una chitarra di notte sulla collina di Montmartre a ripetere canzoni di un eterno rimpianto. Penetra il canto tra le strade antiche del mio ricordo mentre nell'aria si spengono soavi gli ultimi rintocchi del Sacré-Coeur. Batte la pioggia sugli scabri vetri della nostra vecchia stanza di bohème; di là, variegati tetti dipinti d'un tempo che ritorna nel pensiero almeno ad esaurire la nostalgia nell'abbraccio felice che dolcemente sviene.
Da quando tu nella mia vita sei tutto m'appare come se in ciel vivessi. Gioia infinita nel mio cuor io sento quando lo sguardo mio a te io rendo. In te io ritrovai la dolce sembianza che della mente mia fu compagna, la vaga nuvola che del cielo ha la fragranza e che dal sol baciata sul monte il pastor rallegra, la dolce ombra alata che la mia vita proteggerà per sempre.
Al tuo viso io domando il sorriso alle tue labbra il bacio alla tua voce il canto che parli d'amore. Un sogno iridato, volano le nostre anime sul sentiero che conduce alla pace. Laggiù non voglio guardare, guardare non voglio nel mondo, ma lassù più in alto di noi, lassù la luce del sole. La tua chioma ardente io sfioro con leggera carezza e le mie labbra desianti alle tue labbra bevono un bacio che mi porterà dove germoglia l'eterna essenza dell'anima.
Solitari lampioni di notte in attesa alle insegne dei métros di Cluny, Saint Germain, Saint Michel. Io e te la notte ai chiaroscuri di macchie lunari su mattoni bagnati labili riflessi di foglie vibranti; mentre tu t'abbandoni mi perdo tra i tuoi capelli e si scioglie il mio languore nelle tue carni. Scende una foglia e nell'aria un brivido si sente d'una vita che muore. Cadranno a Cluny altre foglie ancora e lentamente le raccoglieremo ad una ad una a ricomporre il nostro passato.
Un guscio di carne cerca stasera la mia anima rigido fiore al bacio di farfalla e semina tra inconsapevoli sentieri miraggi oro che bagna le rive rifatte forse perdute a chi visse. Spezzerò arcobaleni e mi laverò i pensieri nei vergini colori come un Van Gogh rifarò nuove terre atemporali nuove stelle d'afferrare con mano silenti saette in sere d'agosto un gioco d'indovini è rimasto un perché al di sotto degli abissi il batiscafo non serve non strisciano le alghe sulla pelle una scatola chiusa senza una chiave per aprirla. Forse i fiori mi sogneranno su cime colorate e i cieli apriranno squarci di futuro le chimere converseranno con i miei sogni e il gabbiano sorvolerà mondi ignorati; altro non resta che alzare lo sguardo al cielo la mente assorta a riguardar le stelle.
A che vi hanno inventato occhi nuovi se albero ne dite d'una testa sbocciata in verdi pensieri di foglie d'un nostalgico eden antico nell'eterna rigenerazione dell'eterno ciclo. A che questo modo diverso d'inventare la vita se dopo tanta cultura dopo tanta sapienza dopo tanta scienza dopo tanta arte dopo tanta politica dopo tanta noia dopo tanta vita così dopo tanta droga dopo tanto dramma dopo tanta potenza (anche d'amare) dopo tanta impotenza (anche d'amare) dopo tanta violenza dopo tanta ipocrisia su cui grufola il mondo dopo tanto pianto in cui s'affoga dopo sempre le stesse cose dopo tante ripetizioni dopo tante cose uguali dopo tanti sogni a spronare la vita dopo tante brume ad annunciare (sia pure) la più abietta metempsicosi di vermi e di fango una morte senz'anima ma con fiori con riti con lapidi e temporanee preghiere una notte-morte senza domani un sonno senza risveglio un sogno eterno dopo tante sciocchezze fin dove l'albero scorge l'erba che calzano le sue radici e penetra il cielo la vostra intelligenza se dopo tanta truffa di vita il nulla. ... ma a poco a poco m'opprime il cuore un rimpianto e mi turba il richiamo d'una vita che si perde.
Vedo morire colori di campi squarciati da fiumi di lava, da turiboli di pena espandersi fragranze di resine, ultimo addio di boschi agonizzanti. Non griderò inutilmente parole di collera retorici contorsionismi di chi aspira al plauso della folla. Non farò violenza ai violenti ad aggiungere anelli ad una stessa nefasta catena.
Vorrei sentire urla di coscienze ridestate e aprire occhi ciechi per troppe tenebre di prigionia in angusti anfratti di evoluzioni mancate, e cantare canzoni composte per questa occasione, e avere compagni i gabbiani, e il vento che porta aromi di mare alle montagne assetate. E il canto dirà che l'attesa non fu vana.
Siederemo allo splendore della vigna ritrovata sotto la saggezza dei vecchi ulivi in rassegnata attesa di anni. Risentiremo i grilli di notte riempire di nostalgie spazi di memorie e non sembrerà triste la notte come i giorni dietro le grate dell'attesa tradita. E navigheremo tra le stelle dei nostri antichi desideri alla ricerca di approdi che abbiano un senso.