Scritta da: Antonella Marotta
in Poesie (Poesie d'Autore)
Andiamo, andiamo disperatamente
ancora insieme ne la notte fonda
e lieve e vellutata dell'estate.
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Andiamo, andiamo disperatamente
ancora insieme ne la notte fonda
e lieve e vellutata dell'estate.
Forse la giovinezza è solo questo
perenne amare i sensi e non pentirsi.
Mi avevano lasciato solo
nella campagna, sotto
la pioggia fina, solo.
Mi guardavano muti
meravigliati
i nudi pioppi. soffrivano
della mia pena. pena
di non saper chiararnente...
E la terra bagnata
e i neri altissimi monti
tacevano vinti. Sembrava
che un dio cattivo
avesse con un sol gesto
tutto pietrificato.
E la pioggia lavava quelle pietre.
È l'ora in cui si baciano i marmocchi
assonnati sui caldi ginocchi.
Ma io, per lunghe strade, coi miei occhi
inutilmente. Io, mostro da niente.
Passando sopra un ponte
alto sull'imbrunire
guardando l'orizzonte
ti pare di svanire.
Ma la campagna resta
piena di cose vere
e tante azzurre sfere
non valgono una festa.
Ecco il fanciullo acquatico e felice.
Ecco il fanciullo gravido di luce
più limpido del verso che lo dice.
Dolce stagione di silenzio e sole
e questa festa di parole in me.
La vita... è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente.
Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.
Come è forte il rumore dell'alba!
Fatto di cose più che di persone.
Lo precede talvolta un fischio breve,
una voce che lieta sfida il giorno.
Ma poi nella città tutto è sommerso.
E la mia stella è quella stella scialba
mia lenta morte senza disperazione.
Non moriva la luce ove un soldato
solitario sedeva a un parapetto.
Alla campagna volgeva le spalle
se non veniva la triste compagna.
Il sole ci teneva insieme assorti:
morti eravamo e senza alcun sospetto.
Già mi parla l'autunno. Al davanzale
buio, tacendo, ascolto i miei pensieri
piegarsi sotto il vento occidentale
che scroscia sulle foglie dei miei neri
alberi solo vivi nella notte.
Poi mi chiudo nel letto. E mi saluta
il canto di un ragazzo che la notte,
immite, alleva: la vita non muta.