Mai, per decreto di Zeus o per volere degli dèi beati
Mai, per decreto di Zeus o per volere degli dèi beati, immortali, la nostra città cadrà in rovina: una tale custode, magnanima, dal padre possente, Pallade Atena, tiene le mani dall'alto su essa. I cittadini, con le loro stoltezze, vogliono distruggere, proprio loro, la grande città, corrotti dal denaro. Ingiusta è la mente dei capi del popolo, cui incombe patire molti dolori per grande tracotanza. Essi non sanno contenere l'insolenza, né attendere alle gioie presenti, nella pace del banchetto.
Si arricchiscono cedendo ad azioni ingiuste
non risparmiando proprietà sacre né pubbliche, rubano e rapinano, chi da una parte chi da un'altra. Non curano i sacri fondamenti di Giustizia che, silenziosa, conosce ciò che avviene e che avvenne e, col tempo, arriva per punire. Questa piaga, cui non si può sfuggire, pervade tutta la città; ed essa cade presto nell'odiosa servitù, che desta la rivolta civile e la guerra assopita, fonte di rovina per l'amabile gioventù di molti. A causa dei nemici, la città molto amata si consuma in riunioni care agli ingiusti. Questi mali fra il popolo si aggirano; dei poveri molti giungono nei paesi stranieri, venduti e legati a turpi catene.
Io stesso venni araldo dalla bella Salamina, invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante. Invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante.
Se risparmiai la patria, se alla tirannide non volsi l'animo né all'amara violenza, macchiando e disonorando la mia fama, non mi vergogno: così, credo, sarò superiore a tutti gli uomini.
Non è Solone uomo di mente acuta, né di sagge decisioni: grandi beni il dio gli offriva, ma lui non li accettò. Circondò la preda ma poi, stupito, non tirò a sé la grande rete, mancandogli il coraggio e insieme il senno. Io, preso il potere e arraffata una grande ricchezza, avrei voluto un giorno solo esser tiranno di Atene, e poi che mi scuoiassero per fare un otre, e la mia stirpe fosse distrutta.
Splendenti figlie di Mnemosine e di Zeus Olimpio, Muse Pieridi, la mia preghiera ascoltate. Concedete che io abbia prosperità dagli dèi beati, e da tutti gli uomini grande fama per sempre. Sia io dolce agli amici e aspro ai nemici; per gli uni degno di onore, per gli altri tremendo a vedersi. Desidero avere ricchezze, ma possederle ingiustamente non voglio: sempre, in seguito, giunge Giustizia. La ricchezza, che danno gli dèi, rimane all'uomo salda, dalla sua più profonda radice fino alla cima; la ricchezza, che gli uomini cercano con prepotenza, non viene secondo ordine ma, obbedendo ad azioni ingiuste, segue controvoglia, e subito a lei si mescola Rovina; da poca cosa ha inizio, come avviene per il fuoco: debole è il principio, ma funesta la fine. Tra i mortali non durano le opere della prepotenza. Il compimento di tutte le cose Zeus sorveglia e, all'improvviso - come spazza subito le nuvole il vento di primavera che, rimosso il fondo del mare sterile, dalle molte onde, sulla terra che produce frumento distrugge i bei lavori dei campi, e giunge poi al cielo, l'inaccessibile sede degli dèi, e fa di nuovo vedere il sereno; limpida rifulge allora la forza del sole sulla pingue terra, e nessuna nube si può più vedere -; così è la punizione di Zeus, ma non in ciascuna occasione, come fa un mortale pronto alla collera.
Mai gli sfugge chi ha un cuore malvagio, ma sempre alla fine si disvela. Chi paga subito, chi dopo. Scampino pure alcuni e non li colga il fato divino che sopraggiunge; esso viene ugualmente dopo. Paga chi è senza colpa: o i figli, o la stirpe in futuro.