Le temple enseveli divulgue par la bouche Sépulcrale d'égout bavant boue et rubis Abominablement quelque idole Anubis Tout le museau flambè comme un aboi farouche
Ou que le gaz récent torde la mèche louche Essuyeuse on le sait des opprobres subis Il allume hagard un immortel pubis Dont le vol selon le réverbère découche
Quel feuillage séché dans les cités sans soir Votif pourra bénir comme elle se rasseoir Contre le marbre vainement de Baudelaire
Au voile qui la ceint absente avec frissons Celle son Ombre même un poison tutélaire Toujours à respirer si nous en périssons.
Del sempiterno azzurro la serena ironia Perséguita, indolente e bella come i fiori, Il poeta impotente di genio e di follia Attraverso un deserto sterile di Dolori.
Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scruta Intensamente, come un rimorso atterrante, L'anima vuota. Dove fuggire? E quale cupa Notte gettare a brani sul suo spregio straziante?
Nebbie, salite! Ceneri e monotoni veli Versate, ad annegare questi autunni fangosi, Lunghi cenci di bruma per i lividi cieli Ed alzate soffitti immensi e silenziosi!
E tu, esci dai morti stagni letei e porta Con te la verde melma e i pallidi canneti, Caro Tedio, per chiudere con una mano accorta I grandi buchi azzurri degli uccelli crudeli.
Ed ancora! Che senza sosta i tristi camini Fùmino, e di caligine una prigione errante Estingua nell'orrore dei suoi neri confini Il sole ormai morente giallastro all'orizzonte!
-Il cielo è morto. - A te, materia, accorro! Dammi L'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato: Questo martire viene a divider lo strame Dove il gregge degli uomini felice è coricato.
Io voglio, poiché infine il mio cervello, vuoto Come il vaso d'unguento gettato lungo il muro, Più non sa agghindare il pensiero stentato, Lugubre sbadigliare verso un trapasso oscuro…
Invano! Ecco trionfa l'Azzurro nella gloria Delle campane. Anima, ecco, voce diventa Per più farci paura con malvagia vittoria, Ed esce azzurro angelus dal metallo vivente!
Si espande tra la nebbia, antico ed attraversa La tua agonia nativa, come un gladio sicuro: Dove andare, in rivolta inutile e perversa? Mia ossessione. Azzurro! Azzurro! Azzurro! Azzurro!
Ti reco questo figlio d'una notte idumea! Nera, spiumata, pallido sangue all'ala febea, Pel vetro che d'aromi fiammeggianti si dora, Per le finestre, ahimé ghiacciate e fosche ancora, L'aurora si gettò sulla lampada angelica. Palme! E quando mostrò essa quella reliquia Al padre che nemico un sorriso tentò, L'azzurra solitudine inutile tremò. O tu che culli, con la bimba e l'innocenza Dei vostri piedi freddi, accogli quest'orrenda Nascita: ed evocando clavicembalo e viola, Premerai tu col vizzo dito il seno che cola La donna in sibillina bianchezza per la bocca Dall'azzurro affamata, dall'alta aria non tocca?
L'esangue primavera già tristemente esilia L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena, E in me, dove un oscuro sangue colma ogni vena, L'impotenza si stira ed a lungo sbadiglia. Crepuscoli s'imbiancano tiepidi nella mente Che come vecchia tomba serra un cerchio di ferro, Ed inseguendo un sogno vago e bello, io erro Pei campi ove la linfa esulta immensamente. Poi procombo snervato di silvestri sentori, E scavando al mio sogno una fossa col viso, Mordendo il suolo caldo dove, sbocciano i fiori, Attendo nell'abisso che il tedio s'alzi... Oh riso Intanto dell'Azzurro sulla siepe e sui voli Degli uccelli ridesti che cinguettano al sole!
Come è triste la carne... E ho letto tutti i libri! Fuggire! Laggiù fuggire! Ho udito il canto degli uccelli ebbri tra l'ignota schiuma e i cieli. Nulla, neppure gli antichi giardini riflessi negli occhi, Potrà Trattenere il mio cuore che si immerge nel mare. O notti! Neppure il deserto chiarore della mia lampada Sul foglio ancora intatto, difeso dal suo chiarore, E neppure la giovane donna che nutre il suo bambino. Partirò! Nave che culli le tue vele Leva l'ancora verso un'esotica natura! Una Noia crede ancora, desolata da speranze crudeli, ai fazzoletti agitati nell'ultimo addio. E forse gli alberi che attirano la tempesta il vento farà inclinare sui naufragi Perduti, senz'alberi, lontani da fertili isole... Ma ascolta, mio cuore mio, il canto dei marinai!