Pur tu copia versavi alma di canto su le mie labbra un tempo, Aonia Diva, quando dè miei fiorenti anni fuggiva la stagion prima, e dietro erale intanto
questa, che meco per la via del pianto scende di Lete ver la muta riva: non udito or t'invoco; ohimè! Soltanto una favilla del tuo spirto è viva.
E tu fuggisti in compagnia dell'ore, o Dea! Tu pur mi lasci alle pensose membranze, e del futuro al timor cieco.
Però mi accorgo, e mel ridice amore, che mal ponno sfogar rade, operose rime il dolor che deve albergar meco.
Alfin tu splendi, o Sole, o del creato Anima e vita, immagine sublime Di Dio, che sparse la tua faccia immensa Di sua luce infinita! Ore e Stagioni, Tinte a vari color danzano belle Per l'aureo lume tuo misuratore De' secoli, e de' secoli scorrenti, Alfin tu splendi! tempestoso e freddo Copria nembo la terra; a gran volute Gravide nubi accavallate il cielo Empian di negre liete, e brontolando Per l'ampiezza dell'aere tremendi Rotolavano i tuoni, e lampi lampi Rompeano il bujo orribile. - Tacea Spaventata natura; il ruscelletto Timido e lamentevole fra l'erbe Volgeva il corso, nè stormian le frondi Per la foresta, nè dall'atre tane Sporgean le belve l'atterrita fronte. - Ulularono i venti, e ruinando Fra grandini, fra folgori, fra piove La bufera lanciosse, e riottoso Diffuse il fiume le gonfie e spumose Onde per le campagne, e svelti i tronchi Striderono volando, e da’ scommossi Ciglion dell'ondeggianti audaci rupi Piombàr torrenti, che spiccati massi Coll'acque strascinarono. Dal fondo D'una caverna i fremiti e la guerra Degli elementi udii; Morte su l'antro Mi s'affacciò gigante; ed io la vidi Ritta: crollò la testa e di natura L'esterminio additommi. - In ciel spiegasti, O Sol, tua fronte, e la procella orrenda Ti vide e si nascose, e i paurosi Irti fantasmi sparvero.... ma quanti Segni di lutto su i vedovi campi, Oimè, il nembo lasciò! Spogli di frutta, Aridi, e mesti sono i pria sì vaghi Alberi gravi, e le acerbette e colme Promettitrici di liquor giocondo Uve giacciono al suol; passa 1'armento E le calpesta; e istupidito e muto L'agricoltore le contempla e geme.
Intanto scompigliata, irta e piangente Te, o Sol, ripriega la Natura, e il tuo Di pianto asciugator raggio saluta; E tu la accendi, e si rallegra e nuovi Prometto frutti e fior. Tutto si cangia, Tutto père quaggiù! Ma tu giammai, Eterna lampa, non ti cangi? mai? Pur verrà dì che nell'antiquo vòto Cadrai del nulla, allor che Dio suo sguardo Ritirerà da te: non più le nubi Corteggeranno a sera, i tuoi cadenti Raggi su l'Oceàno; e non più l'Alba Cinta di un raggio tuo, verrà su l'Orto Ad annunziar che sorgi. Intanto godi Di tua carriera: oimè! ch'io sol non godo De' miei giovani giorni: io sol rimiro Gloria e piacere, ma lugubri e muti Sono per me, che dolorosa ho l'alma. Sul mattin della vita io non mirai Pur anco il Sole; e omai son giunto a sera Affaticato; e sol la notte aspetto Che mi copra di tenebre e di morte