Le migliori poesie di Vincenzo Cardarelli

Poeta, nato domenica 1 maggio 1887 a Corneto Tarquinia (Italia), morto giovedì 18 giugno 1959 a Roma (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Ottobre

Un tempo, era d'estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all'autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest'aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulla vigne saccheggiate.

Sole d'autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell'anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t'inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch'è tutta una dolcissima agonia.
Vincenzo Cardarelli
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Alla morte

    Morire sì,
    non essere aggrediti dalla morte.
    Morire persuasi
    che un siffatto viaggio sia il migliore.
    E in quell'ultimo istante essere allegri
    come quando si contano i minuti
    dell'orologio della stazione
    e ognuno vale un secolo.
    Poi che la morte è la sposa fedele
    che subentra all'amante traditrice,
    non vogliamo riceverla da intrusa,
    né fuggire con lei.
    Troppo volte partimmo
    senza commiato!
    Sul punto di varcare
    in un attimo il tempo,
    quando pur la memoria
    di noi s'involerà,
    lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,
    concedici ancora un indugio.
    L'immane passo non sia
    precipitoso.
    Al pensier della morte repentina
    il sangue mi si gela.
    Morte non mi ghermire
    ma da lontano annunciati
    e da amica mi prendi
    come l'estrema delle mie abitudini.
    Vincenzo Cardarelli
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Autunno veneziano

      L'alito freddo e umido m'assale
      di Venezia autunnale.
      Adesso che l'estate,
      sudaticcia e sciroccosa,
      d'incanto se n'è andata,
      una rigida luna settembrina
      risplende, piena di funesti presagi,
      sulla città d'acque e di pietre
      che rivela il suo volto di medusa
      contagiosa e malefica.
      Morto è il silenzio dei canali fetidi,
      sotto la luna acquosa,
      in ciascuno dei quali
      par che dorma il cadavere d'Ofelia:
      tombe sparse di fiori
      marci e d'altre immondizie vegetali,
      dove passa sciacquando
      il fantasma del gondoliere.
      O notti veneziane,
      senza canto di galli,
      senza voci di fontane,
      tetre notti lagunari
      cui nessun tenero bisbiglio anima,
      case torve, gelose,
      a picco sui canali,
      dormenti senza respiro,
      io v'ho sul cuore adesso più che mai.
      Qui non i venti impetuosi e funebri
      del settembre montanino,
      non odor di vendemmia, non lavacri
      di piogge lacrimose,
      non fragore di foglie che cadono.
      Un ciuffo d'erba che ingiallisce e muore
      su un davanzale
      è tutto l'autunno veneziano.

      Così a Venezia le stagioni delirano.

      Pei suoi campi di marmo e i suoi canali
      non son che luci smarrite,
      luci che sognano la buona terra
      odorosa e fruttifera.
      Solo il naufragio invernale conviene
      a questa città che non vive,
      che non fiorisce,
      se non quale una nave in fondo al mare.
      Vincenzo Cardarelli
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