L'aria m'è indigesta masticando bocconi d'inerzia. Sale un rigurgito di tedio che vomito sui miei piedi ancorati su una terra liquida come la voglia di sentirmi parte della scena nella foto del presente, già passato da troppo tempo perché il mio respiro stanco potesse coglierne il senso.
Non pesare i miei tormenti, ne sono troppo carico: li terrò lontani dal tuo mondo dove le imperfezioni sono diversità. Vedi, sono imperfetto anch'io nella mia impossibilità irreversibile di essere amato da te, sono diverso e diversamente succhio gocce d'anima dai tuoi sguardi, che non sono per me. Non giudicarmi, non ti chiedo d'amarmi, ma accetta serenamente che così io t'ami.
Folle pensiero, tormento ossessivo, perpetuo rincorrere di stimoli tediosi: "non voglio", volendo lo voglio, pur rifiutando, rifiuto il rifiuto. Gioco sadico di sensi sospesi, celate silenziose confessioni, fruscianti, sibilate appena nella foresta di vacue parole citate, recitate, ricitate. Di pelle e d'impulso lanciato, repulso da morsi di brandelli d'umore, frenato da rimorsi di fardelli d'amore: rodo, mi rodo godo e mi corrodo, cercando l'inesistente, vedendo l'invisibile, toccando l'impalpabile.
Repellente ai brividi del razionale mi sono perso in un ciclico assorbimento di sensi, sensazioni e pensieri contundenti, convergenti in un'ignota condizione di statico piacere dell'insofferenza.
Forse m'illudo di vivere sognando di sognare la vita, e non mi basto, non mi basta.
Sento di poterti dare quell'indefinito tutto del niente che sono, incondizionatamente.