in Poesie (Poesie d'Autore)
Al lettore
Oh non vedermi recluso
unicamente nel buio
l'uomo senza il Tu
e senza Dio.
Magari m'accecassi ora
mi dessi una vista rivoltosa.
dal libro "Sopra la terra nera" di Luciano Nota
Oh non vedermi recluso
unicamente nel buio
l'uomo senza il Tu
e senza Dio.
Magari m'accecassi ora
mi dessi una vista rivoltosa.
Il nero tenace
forte
resistente.
Nero inizio ad odiarti.
Anch'io mi ribello
al tuo lauro costellato
di belve.
I miei sogni di fresco carbone
ti vogliono al massimo bigio
tiepido
vagabondo.
Per carità nero smorza il tuo imbuto
e non macchiarti di voracità.
Intanto mi troverai seduto
a subire le mosse del tempo
e se tempo avrò mi vedrai intento
a raccogliere scaglie.
Portami un po' d'olio
prima che arrivi inverno
e un insolito floema.
Apparire per me
è stato un atto vero.
Ancor più veritiero
il mio essere oscuro.
Ed eccomi ancora qui
ancora più scuro
sopra la terra nera.
Lo dico a te
e a chi mi colloca
in una prigione di stenti.
Io un giorno sarò rondine
per psicosi perfetta.
Rivedo quella casa
le notti in cui si accalcano i cavalli
la casa chiusa a chiave.
Gli enormi bicchieri
poggiati sugli scanni
alcuni ocra alcuni neri.
Quando morì mia madre
non ebbi tempo d'imbiancare la stanza.
Qualcuno mi additò come fumo
altri come sabbia
o peggio ancora come frasca di strada.
Io attendo che costoro
sposati alle lusinghe
mi serbino quel muro
sporco e defilato
per continuare a disegnare
nelle sere di plenilunio
i miei anfratti e le mie rane.
Potrei morire e rifiorire
svuotarmi di lime perfette
di corpi, di resti distorti.
Morire attaccato ad un fiume
con le braccia più nere del vento.
Rinascere poi su un pezzo di gelso
in un mare o su un colosso più duro.
Ma è proprio ciò che mi spaventa
questo colosso che non conosco
questo corpo supremo fatto di firmamento
di fazzoletti d'orto
senza tempo.
Sapessi che peso
sentirti come peso leggero
sentirti dentro
come abile prugna
inzuppata più volte
sulle urne del corpo.
Sapessi che peso
il fragile sorriso
l'assenza di parole
quegli occhi scoscesi sui vetri.
Sapessi che male
saperti sognare
scrosciante.
Devo tornare a ricompormi
in una cesta di silenzio
o in qualche scorza prodigiosa.
Anni vissuti senza tregua
voltando gli òmeri al mattino
in un fluire interminabile
di soli senza soli
di forze impavide e sghembe.
Avrei già gioito
se avessi bussato alle cortecce
sarei forse già propaggine.
Ma ora che son qui
acceso in ombra fra gli ulivi
con l'eco dentro il mondo
canto versi ai pettirossi.