Prima un boato
Come sono basse oggi le nubi.
Tutto spezzato, ucciso, capovolto
sotto il segno dell'ariete. Con rottura.
Case, chiese, scuole
su una roccia in pendenza hanno paura
come tant'altre di precipitare.
Dalla polvere un cane ulula fermo,
categorico e breve il richiamo
al suo padrone. Non è felice di
ritrovare al mattino intorno a sé
un cielo nero e polveroso.
Io piango.
Grido sui passi spenti dei fratelli
miei poveri d'Abruzzo.
E prendo la mia terra nella mano,
calpesto la sua nebbia, ne raccolgo
le parole perdute, una bambola, un sospiro
che reclamano la vita.
Tu non sai: quelle case, quelle chiese,
quelle fonti, quei pascoli, quei curvi
lampioni - anche se spenti -
- tra queste ore lente -, quelle valli,
quei monti: quelle lacrime, quei morti!
Sono le nostre luci, i nostri cuori,
nostri unici spenti segnalibri.
Perché ci sono nella vita cose
che si possono capire
solamente in ginocchio.
Composta lunedì 6 aprile 2009
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