Scritta da: Rosa Coddura

L'illusione delle favole

Credevo di poter volare,
stendendo le mie braccia al vento
e con un slancio in una rincorsa
spiccare il volo,
e con la stessa perseveranza
che ci mettevo
dondolandomi con forza
dall'altalena volendo
almeno sfiorare il cielo.

Credevo alle favole,
a quella principessa
che scopre la sua metà
baciando un ranocchio,
a quella scarpa persa
per fuggire allo scadere
del tempo prefissato
perché l'incantesimo s'era già spezzato,
lasciare sul gradino quella scarpa
e andar alla ricerca disperata
di chi la sera prima l'aveva calzata
il vissero "felici e contenti",
il coraggio di riuscire a sfidare
tutti gli eventi,
e passar il resto dei nostri giorni
nelle sale danzanti
del nostro castello.

Credevo che tutti i miei
personaggi disegnati,
le mie bambole,
i miei pupazzi, i giocattoli,
potessero prendere vita,
con l'ausilio della mia sola voce,
creando per loro un mondo,
una storia
che mi facesse sentire meno sola.

Credevo all'esistenza
di personaggi leggendari,
aspettando di nascosto,
sveglia la notte di natale,
per la voglia di scoprire
il volto di babbo natale,
scoprendo poi con delusione
che non esisteva.
La luce accesa
per vegliar sul mio sonno,
aver paura di un'ombra,
i soldi sotto il cuscino,
la ricompensa di aver lasciato
il mio dentino.

Crescendo poi mi sono accorta,
che c'era la realtà pulsante
fuori dalla porta,
non si poteva volare con un salto,
neanche la specialità olimpica
del salto in alto aiutava,
nessuno slancio con forza
dall'altalena mi avrebbe mai potuto
far toccar il cielo,
forse con l'immaginazione
dell'amore,
ma non esisteva nessuna Cenerentola,
nessuno personaggio che i grandi
per me avevano appositamente inventato,
nessuno essere leggendario
di cui mi avevano narrato
esisteva
solo una dimensione onirica
che nel passato mi aveva
delicatamente cullato.

E come tutte queste parole vuote
prive di sostanza,
avevo creduto al nostro amore,
a come un solo saluto
potesse farmi cambiare
la direzione delle mie labbra,
a come mi batteva forte il cuore,
e la tua assenza
che in me provocava dolore.

Ma ho immaginato,
ho solo sognato,
lasciandomi incantare
dall'ennesima favola
che per me era reale,
ma è stata la realtà
a non essere leale,
offrendoci solo la metà
della felicità.
Sono stata ingenua
come quando ero bambina,
credevo all'aiuto
della "fatina",
ma lottare contro le difficoltà
della vita non ci è bastato,
adesso mi sento solo una cretina,
è stata tutta un'illusione,
ho creduto ad un'inutile infatuazione,
le poesie, le stupide parole,
altrettanto stupide come
quelle che sto scrivendo,
provando rabbia per queste parole
povere innocenti trasmittenti
del mio dolore,
e non sono dentro a un libro
la cui fine è stata scritta bene.
Adesso non sono più
la principessa da salvare,
sono la strega di ghiaccio
che nessuno può amare.

Sono solo un'illusa,
adesso la porta
è stata di nuovo chiusa,
confusa è la realtà
che mi ha delusa.
Composta domenica 12 maggio 2013

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