Vanno i fiocchi candidi
Vanno i fiocchi candidi
come scivolando su un filo...
Vorrei vivere, vivere al mondo,
ma, certo, non si può.
Di qualcuno le anime, dissolvendosi
laggiù, senza traccia,
come neve candida
salgono al cielo dalla terra.
Vanno i fiocchi candidi...
E io pure me ne andrò.
Non mi rattrista la morte
e l'immortalità non m'aspetto.
Non credo nel miracolo.
Non sono la neve, ne una stella,
e mai più sarò, mai, mai più.
E, peccatore che sono, penso:
chi dunque sono stato,
nella mia vita precipitosa
che cosa ho amato più della vita?
Ho amato la Russia
con tutto me stesso:
i suoi fiumi in piena
e coperti di ghiaccio,
il respiro delle sue casette,
il respiro delle sue pinete,
il suo Puskin, il suo Stenka
e i suoi vecchi.
Se la vita non è stata dolce,
non me la son presa troppo.
Che fa se ho vissuto da incoerente:
per la Russia ho vissuto.
Pieno di ansie segrete
io mi struggo nella speranza
di avere un tantino
aiutato la Russia
Che essa mi dimentichi pure,
senza affanno per me;
ma che essa rimanga
per sempre, per sempre...
Vanno i fiocchi candidi,
come andarono sempre:
al tempo di Puskin e di Stenka,
come andranno dopo di me.
Vanno i grandi fiocchi
di un biancore accecante,
di me e degli altri
spazzando via le tracce...
Non ho il potere di farmi immortale,
ma ho una sola speranza:
se la Russia vivrà,
con lei vivrò anch'io.
1965.
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