A mio figlio
Scorro con la mente il tempo a ritroso
vivo e presente è il ricordo di te bambino.
Quante notti passate insieme tra silenzi,
mugolii, confidenze reciproche.
Dormivamo insieme, lo abbiamo fatto
per un tempo infinito, ridevamo, giocavamo,
anche le lacrime rigavano i nostri visi.
Questo però lo negavamo a vicenda
per apparire forti e invincibili,
io come Zagor l'eroe dei miei fumetti,
tu come Dragon Ball che era il tuo eroe,
insieme coalizzati contro il male e il dolore.
Proprio quel dolore che ha logorato i miei pensieri
spremendo succo di limone acerbo su una ferita infetta, inducendomi spesso a stringere i denti
per non privare mai te della gioia di sorridere
come gli altri. Sentimenti veri i tuoi non artificiali,
esultavi seduto sulla tua sedia a rotelle quando il Milan
segnava, le sue sette coppe dei campioni erano la tua forza, il tuo riscatto. Che gioia mi davi quando eri tu a consolarmi, sfidavi le avversità con il sorriso sulla bocca e l'innocenza negli occhi. Tu, immobile a letto, ti preoccupavi del mio raffreddore. Non eri accademico eppure impartivi già lezioni di vita. Ora sei grande, ma i miei occhi ti vedono ancora bambino.
Ho scolpite nella mia mente le parole di un poeta; il grande Kahil Gibran, che dicevano: "quando più il dolore incide in profondità nel vostro essere, tanta più gioia potrete contenere".
Quel poeta aveva ragione figlio mio, perché tu sei la mia gioia.
dal libro "La tua assenza" di Ludovico Criacci
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