In verità non so per chi diamine torni questa
luna balorda sui suoi passi al villaggio, ricade sulle mie
spalle mi dice la mamma, guarda davanti all'ufficio
postale, come fa penzolare l'edificio quasi fosse un sofà
giallo dal palo del telegrafo, come ha addentato due
falangi dei pioppi che costeggiano la stecconata, come ci ha
guardati fisso mimando il volto, orribilmente desolato,
del portalettere Mircicâ che è sottoterra, bell'e
morto, cioè trapassato, da quasi tre anni,
e, pian pianino, se n'è andata su, fin oltre l'abbaino
e ora spande un tuorlo d'uovo flaccido
sopra il tetto della casa.
Composta venerdì 15 maggio 2015
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