Capriccio d'estate
Chiudete la porta,
lasciate dentro il fragore,
del russare di corpi stanchi.
Dalla mente se riuscite,
cancellate ogni reminiscenza,
alla luce del mattino, uscite,
stanca e guastata,
dalla notte che passaste.
Adesso resta solo dormire.
Giocondità visse poche ore,
ma vivrà immortali giorni,
non si scorda in pochi attimi,
ciò che non si rinverrà mai più.
Tracannavano le bocche avide,
come cuccioli dal petto di madre,
mangiavano come fiere,
ogni virtù che offriste,
e cantavano con voi liberate,
nello strepito dell'eccitazione.
Posata la chitarra,
la musica è finita,
l'ultimo sorso stillato,
la fatica ora giunge.
Indossate i vestiti vostri,
ora ignuda non stiate,
mentre la testa ancora rotea,
ravveduta, che pensate?
Nubile e pulita acceduta,
ma signora sporca uscita,
l'alcol che leva ogni virtù,
mi scortò nell'inferno del piacere,
l'acqua la vergogna non abolirà,
e la sfrenatezza di stanotte,
per l'anima mia rimarrà reato.
Il rammarico non darà pace,
froderò l'innamorato prossimo,
e altri conquistati a venire,
le compagne e le sorelle,
la madre e i vicini,
per avere in notte d'estate,
trasgredito con desiderio,
alle ferree ma rette norme
dell'onesto lecito vivere.
dal libro "Zagare nel fango" di Angela Mori
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