Poco ha a che fare con gli esseri umani
l'aridità della luna.
Eppure è lì che fiorisce
la verbena del cuore dalle rovine della luce,
il giallo pozzo a carrucola dal fuoco lontano.
Per giorni e giorni ho corso nella neve,
non mi sono riscaldata
e nessuno ha mantenuto la parola
quando la mia si è infranta sul passo
e sul rossore iracondo del cielo.
Quando il silenzio ha mutato il mio piede in pietra.
Neve, dunque, neve e carne
in cui nessun canto soffia la vita,
che porterebbe me all'aridità della luna
oppure – anche questo -, che potrebbe essere redenta
dai coltelli, come ultima consolazione.
Ero leggera come un uccello
con le penne d'oro, un segno nel vento serale
e avvolta nello stupore del bambino.
La mia bocca è passata oltre questo tempo felice,
non vuole imparare a vedere, quando il giorno la interroga
e cerca di afferrare un sorriso.
Anche gli angeli, ora, sono diventati ciechi.
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