Vitamia, dimmi,
che un segno pasquale ci toglie
dalla bilancia del dolore
e che, dando la mano al vento del sud,
la parola si rivela.
Vitamia, prendi
la luce che fugge e salva
la parola in fuga dalla fuga.
Baciami via il verso dalle labbra,
intessilo delicatamente con la stella naufragata.
Azzurro-febbre risplendono le spalle della collina,
la notte minaccia la parola che invecchia portata dal vento.
Vitamia, ascolta,
accanto al pozzo sotto il frassino
cantano i serpenti
un Dio li adorna di una luce a macchie,
e io, vitamia, gli succhierò fuori
il veleno dalla bocca.
Guarda, la sera mette le ciglia alla viola mammola
e coglie piante-di-tenebra dai nostri capelli.
Le ombre si affrettano a raggiungere un luogo senza patria,
gli spiriti, ingannati dalle nostre palpebre, diventano ciechi.
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