Dormi sotto i lecci
per toglierti il giorno ammorbidito
dalle labbra, prenditi
il firmamento dalla mia pelle.
Coglimi schegge di parole
dalla bocca, cerca sotto
le ramificazioni delle palpebre le
scorte del lupo.
Non chiedere. Svelto, mangia
il pane del deserto
che ti ha infornato il mio lupo trovatello
e bevi tutta la mandragola.
Già si addensa una maledizione intorno al tempo,
un incubo frusta il mio cuore
con vento inconsolabile,
nella costellazione del Cane se ne perde la traccia,
eppure:
ancora rimane una parola sorrisa
erba di zigani per la stirpe martoriata.
Ancora metto un piede avanti all'altro
e cresco nella confusione.
Ancora mi rimane il fiore-di-nessuno,
passi di rugiada, un'ora oscura.
Rotola, nutrita di veleno, delusa dalle mie
lacrime, dentro di sé fino al principio.
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