I
Io falegname d’acqua, le mie lacrime
sono le croci che vorrei piantare
al Golgota dei sogni, ché finisca
questo Calvario, inutile vagare
col passo dello sguardo che non poggia
a nessun suolo terreo - e vi permanga! -,
ma tocca appena solo l’altra palpebra,
come la terra quando cadde Cristo
sentì la trafittura delle spine
di ciglia penetranti farsi estranee…
Io vinco ché rimane un’utopia!
II
No, non avere ciglia, avere spine,
sentirle solo quando nel contatto
s’incontrano le palpebre, i Romani
che poggiano sull’altro capo (Cristo!)
la corona, e vi sgocciola del sangue,
ma rimane martirio, anche se l’anima
vuole apparire pura con le lacrime
che porta nel suo tempo a suoli d’aria!
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