Appuntamento a ora insolita.
La città - mi dico - dove l'ombra
quasi più deliziosa è della luce
come sfavilla tutta nuova al mattino...
"... asciuga il temporale di stanotte"... ride
la mia gioia tornata accanto a me
dopo un breve distacco.
"Asciuga al sole le sue contraddizioni"
- torvo, già sul punto di cedere, ribatto.
Ma la forma l'immagine il sembiante
-d'angelo avrei detto in altri tempi -
risorto accanto a me nella vetrina:
"caro - mi dileggia apertamente - caro,
con quella faccia di vacanza. E pensi
alla città socialista?"
Ha vinto. E già mi sciolgo: "Non
arriverò a vederla" le rispondo.
(Non saremo più insieme dovrei dire).
"Ma è giusto,
fai bene a non badarmi se dico queste cose,
se le dico per odio di qualcuno
o rabbia per qualcosa. Ma credi all'altra
cosa che si fa strada in me di tanto in tanto
che in sé le altre include e le fa splendide,
rara come questa mattina di settembre...
giusto di te fra me e me parlavo:
della gioia."
Mi prende sottobraccio.
"Non è vero che è rara, - mi correggo - c'è,
la si porta come una ferita
per le strade abbaglianti. È
quest'ora di settembre in me repressa
per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo
celava sotto i panni e il fianco gli straziava,
un'arma che si reca con abuso, fuori
dal breve sogno di una vacanza.
Potrei
con questa uccidere, con la sola gioia..."
Ma dove sei, dove ti sei mai persa?
"È a questo che penso se qualcuno
mi parla di rivoluzione"
dico alla vetrina ritornata deserta.
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