Saccente superbia

Scala e cala
dalla montagna alla valle,
deponi la superba superbia
e renditi uomo a noi terreni.
Vale,
Valerio,
quel tanto sudato e malandato foglio,
quello che stringi stretto
quando presente ti presenti.
Assente nella presenza,
pecchi nel peccato della memoria,
addobbi scuse dinanzi ad essa,
inchinandoti con falsa eleganza
devii e macchi l'aria di inutili parole.
Incolpi e tiri colpi al tuo passato,
illudendoti di essere migliore di ieri,
peggiore di domani.
Ti lodi e ti riveli senza veli,
ad un mondo che fermi e difformi
in un celeste turchino che ti illudi viva di te.
Poniti dinanzi allo specchio che adocchia oggettivo,
smonta e sventra i castelli
che impavido hai costruito intorno a te,
guardati con le pupille
della modesta modestia,
sei solo uno
ma non sarai mai Qualcuno.
Respirerai spirando
nell'inquieta solitudine,
nella giudizio di condanna
con cui hai vestito e svestito donne,
ignaro della presunzione che ti avvinghiava.
A parte apparto te,
nel baule degli oblii,
certa nella certezza
che tu pesassi soltanto quanto quella triste laurea.
Composta lunedì 10 dicembre 2018

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    Dedica:
    A Valerio, alla tua superbia, al tuo essere saccente, alla tua mancata sensibilità.

    Commenti

    3
    postato da , il
    Prego... è stato un piacere e un privilegio
    2
    postato da , il
    Bellissima considerazione. Grazie per esserti inoltrato a fondo nel contesto della poesia. È la prima volta che metto un nome in un mio scritto, dovevo essere proprio convinta!
    1
    postato da , il
    La cosa che dà più da pensare è che saccenza e superbia, sovente indissolubili compagne di avventura, accolgano con elegante disinvoltura l'incoscienza, meritevole di concedere loro vigore e fulgore.
    Tutte assieme affrontano un viaggio infausto, senza ritorno.

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