Anni diciannove
L'allarme mette in attività l'équipe. La sala è pronta, ognuno è al suo posto. L'attesa non è inoperosa: gli operatori mettono a punto le attrezzature di competenza, il chirurgo con gli aiuti valuta le eventualità, l'anestesista domanda all'infermiera la fornitura. All'improvviso la porta si spalanca: un gruppo di persone è attorno alla barella che avanza veloce. A cavalcioni del corpo sanguinante una operatrice pratica il massaggio cardiaco mentre, con voce forte e chiara, scandisce i numeri. Ecco si vede la barra di ferro del tutto estratta. Tutti la guardano, il silenzio è subentrato profondo. No, non era possibile.
Nei socchiusi occhi come profonda nottilucénte
serena immensa distesa misteriosa
sorpresa accettata ingrata ineluttabile
la morte vince la giovane vita.
Era proprio il destino già segnato
e la contrarietà non manifesta
nella persona segno alcuno
pur nell'immobilità scolpita.
Perché accettare così nel corpo
bianco lattato ricomposto bello
la stroncata diciannovenne età
precipitata nel cortile all'Isolotto?
Senza i fiori dei morti
la salma come corona è adorna
nella luce festeggia la partenza
ma sgomenta è Firenze con lacrime è Milano.
Da vivente qui eri sconosciuto
nei numerosi drammi riconosciuto
per sempre rimani ricordo
fratello sul lavoro caduto.
Dio!
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