Corride
Quando il toro si precipita
nell'arena è una rosa magnifica
di Andalusia.
Lucido il manto come tenebra d'argento,
le corna sono austere spine.
Sciami di voci piovono dall'alto
come sputi caustici, dita cruente
scagliate da un'orda di arcieri
di tonache e di toghe.
Il giudizio universale si compie
quando il toro graffia la sabbia e
ridesta la memoria della morte
seppellita sotto la polvere,
quando l'adulazione sfiora
la feluca del matadore e
il fiore si ferma ai suoi piedi.
Vergine beffarda, laverai presto
col sangue del toro il tuo corpo,
per mondarti dalla promessa
di un amore di fumo, divorerai
ben presto, come una iena golosa,
i suoi testicoli, a rubare
il segreto delle forze telluriche
che ti governano.
Quando il toro va incontro
alla morte con gli occhi abbagliati
dal sole rosso dell'ipocrisia,
l'invidia e l'ambizione con un salto
lo feriscono alla schiena.
E la lama della vanagloria gli
trafigge la gola quando il respiro
si affanna e la bava si addensa
e schiuma dalla bocca come un'onda
furente.
E'allora che il toro precipita
sulle zampe e dalle narici
scaccia la vita nell'ultimo respiro
di fuoco.
Allora stramazza nella polvere
come una quercia mozzata
dalle radici.
Ed è allora che la cupidigia lo colpisce
dritto al cuore.
Per vedere la lingua che si distende,
nuda e immobile nella resa.
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