Scritta da: sintagma
Ho pianto tutte le lacrime
in una valle di vetri di
bottiglia.
E luccicavano, brina
in una mattina di fine
estate, quando l'azzurro è
chiaro e il sole scivola sugli occhi
come una morbida rosa,
cristallo della terra, lacrima del
vetro.
Maledetti amori di poeti,
gettati in discariche come
rifiuti putrefatti,
a morire, duri, come fusti di
ginestre.
Maledetti amori di poeti,
covati nel buio di anime affannate,
emarginate, amori urlati come
frenate di treni dove l'oleandro
scoppia nell'ardore dell'estate.
Rosso fiore di oleandro...
Maledetta carne di poeta,
materia informe, che begli occhi
scolpirono con scalpello di memorie
indelebili.
Scultore crudele, possa una rosa bianca
sbocciarti nella gola, vindice dei tuoi
begli occhi traditori, così le tue mani
canterebbero!
Ho pianto tutte le lacrime
nella crepa d'amore di un
piccolo letto d'albergo, che pure era
nel paradiso, attendendo il sonno
che si attardava sul profilo
delle tue forme assenti.
Vuoto vasto, come lo spazio,
infinito.
Vertigine del vuoto, dove neanche
una parola salva dalla caduta,
se manca il caldo petto
di madre su cui posare
l'orecchio nel quieto ascolto
del battito consolatore.
Solo, dalla lunga via in basso,
ogni tanto saliva il fragore di uno
zoccolo pesante
che andava e riandava la via.
Un turista si ritrovava, perdendosi
tra i palazzi densi di vita nella città
di notte.
Un vecchio cavallo bendato lo
trasportava.
E ti portava, la mia preghiera
ardente.
E mi portava, la tua dolce campana
silente.

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