Lo zufolo
Un suono che lontano m'è nel tempo
odo vibrare, un dì, in lontananza,
mi balza alla memoria come lampo
la melodia, da bimbo, a conoscenza.
Lento m'avvio e silenzioso alquanto
lungo un sentiero ciottoloso e stretto
donde perviene l'idilliaco canto
del dolce, conosciuto zufoletto.
Un pastorello appena quindicenne
a ridosso sdraiato d'un folto cespuglio,
all'ombra di frondosa quercia perenne
meglio l'intona di pecoraio veglio.
Per ogni suonoche mi dona il vento
energico a volte, altre debolmente
nella mente dei bei ricordi sento
che mi riportano indietro, dolcemente.
Mi sovvengono i momenti del pregresso
tempo; giorni contenti, d'abbandono,
scorcio che non so il poco né l'eccesso
ma tutto è solo un pregevole dono.
Rivedo l'innocente fanciullezza
quando a piedi scalzi, sanguinanti
s'insegue una rozza palla di pezza
e dell'ingenuo gioco, s'è contenti.
M'appare, poi, l'acceso focolare,
la nonna con in grembo la conocchia
che con garbo la lana sta a filare
e che l'avvoltola al fuso con maestria.
Suona, zufolo dolce! non cessare;
fammi scaldare avanti quel camino,
nel vetusto casolare fammi restare,
non fare ch'io riprenda il mio cammino.
Spandi le note ancor per la campagna,
famm'addormire al suono del tuo canto,
fa che la tua melodia mi sia compagna
e che al risveglio trovoti al mio fianco.
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