Specchio
Lago o argento,
in me cercano identità
consolazione e angoscia.
Sono eterno e dannato:
ritraggo verità,
ma racconto menzogne.
Alterno luce e buio
tra compiaciuti
sorrisi adolescenti,
e guido mani ignote,
urlanti e incredule
sui visi della vecchiaia.
Disegno spazi
falsi, inesistenti.
Brucio perfido
le navi d'ogni illusione,
da cui già vidi
cadere Icaro.
Sono giudice
venerato e sadico:
acceco chi mi brama
e annego tutti i miei amanti
dall'apparente calma
di un riflesso.
A volte cado, infranto
da una strega isterica.
Io mi odio,
io mi odio.
Stupro di donna
o sorriso d'infante
ritraggo spietato
in crudele indifferenza.
I miei frantumi stillano
orchidee insanguinate.
Forzato da un demone
divoro vergini che,
domato il bianco unicorno,
sfidano ingorde l'Ade
per il crine di Pegaso,
mostruosa chimera.
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