Il caldo universale
ha cambiato i ritmi
e la musica della vita,
le stagioni, il tempo
della vendemmia,
della semina.
Ha portato con sé
uomini usciti dalle maree:
visi scavati da un pianto remoto.
Naufraga con essi
un'umanità migrante
dalla ragione, estranea
a se stessa, al proprio vivere,
incapace di riconoscersi
in quella pelle diversa dalla propria
rivedervi le sofferenze
dei propri avi nell'atlantico:
un dolore atavico.
Altri uomini
narrano favole
che nessuno illudono.
Tornerà il freddo, dicono,
finiranno guerre e fame,
perché l'abbiam deciso noi.
Non si scioglieranno più
i ghiacciai. Il contadino
tornerà a coltivare la terra,
il ragazzo i sogni.
Ma io vedo solo
un bambino senza
secchiello e paletta,
il viso affondato nella sabbia,
le piccole mani protese:
l'ultima preghiera verso il cielo
della turchia.
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