Sono nato
in un prato
d'infiniti fiori e colori,
soavi sinfonie
perpetue erano
cantate dalle brezze
che non conoscevano
la violenza del vento.
Poi i colori sfumarono,
i fiori appassirono
e tutt'intorno stonavano
risa acidule e ghigni.
Seppi d'esser
precipitato nella vita!
Ma ancora i miei occhi
vogliono vestire quei colori
e le mie orecchie
trovar quiete in quelle sinfonie,
e un senso
d'inadeguata colpa mi lacera:
ma chi sono io
per correggere il tratto
che sin dall'alba
delinea i miei confini?
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