La bugiarda poesia
Un carnevale
Abbiamo sentito l'alito caldo
sotto la maschera madida di sudore.
Abbiamo ballato per ore
senza scambiare parole,
sbirciando gli occhi
dal cappuccio di fodera
nera.
Senza vederci abbiamo sentito l'amore.
Una sala improvvisata
sotto un'aria di fritto, una grassa risata.
Un bancone diritto
da dove pioveva buon vino.
Un febbraio clemente, che ci dava ristoro.
"Unu ticcù e abbardente"
in una mischia dai ninnoli d'oro.
Confusione e schiamazzi
che quegli anni facevano pazzi
ed irresponsabili, vogliosi
di solo piacere, amanti di mestiere
per poche serate.
Son passate le stagioni dei gai stornelli,
abbiamo buttato la maschera
perché la vita ci ha chiesto il lasciapassare.
Gli anni sono più avanti,
ma di carnevale,
anche se per pochi istanti
penso a un amore di poche serate.
A un forte pensiero spento con le grandi chiassate.
Ora è tornato il silenzio, e la vita
non ci fa più passare in quello stretto pertugio
che portava alla sala.
Ora c'è la luce solare.
A questa non possiamo mentire,
non ci è concesso trasgredire di nuovo.
Chissà dove sei, e come ti chiami.
Forse ancora mi ami, o ami
quel cavaliere che mai
avrebbe saputo di poter dare piacere.
Ci voleva la maschera per poter diventare
un'amante di razza anche se per poche sere.
Chissà se ci pensi
e se lo fai, spero tanto che i sensi
ti facciano fremere ancora.
Per me si è spenta l'aurora,
e nel sole che al tramonto scolora
cerco ancora il ricordo di un viso
che ancor oggi mi ignora.
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