Le viole di Stazzema
È piegato al libeccio
sul sagrato
il ciondolo con la croce
in un voluttuoso abbraccio con il cielo
una madre sta come seduta
l'odore salmastro nei capelli
un capezzolo affiorante nel vestito
un padre è immobile sotto la torre campanaria
il cappello obliquo dimenticato sulla cuspide
tre paia d'occhi muti franano allo stupore della morte
l'iride dipinta alle beccate dei rapaci
nell'ombra del crepuscolo autunnale
impreca in un bizzarro grido
le fauci spalancate
oggi Stazzema
i rebbi dei sogni capovolti
consegnata a demoni di mare
persa in una spiga di tempesta
le ciglia inclinate al postumo
la bocca sanguinante
baratta la notte al vago
a un volo di viole e calabroni.
Vorrebbe la calma stanca della sera
la noia di bonaccia
e invece è scalza
a cauterizzare angosce
rassegnata a una magra sorte di paese
a un orrore troppo grande
alla fragilità della vita umana
respira
polvere di brina
l'anima stremata sui muri di ponente
abbandonata stanca
a una cesura candida di luna.
Luna nera.
Composta sabato 28 novembre 2009
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