Una doccia calda di sapone per sentire questo metallico sapore di sangue, di lacrime e amore disdegnato, rifiutato, violentato dal figlio più bello ma isolato nella sua cristallina base di gabbie fallaci e afose.
Una doccia di pianto del colore dell'orizzonte, un urlo disperato per un sorso di sana fonte dell'ingenua giovinezza e della più pura redenzione in sprazzi di docile carezza. Una speranza di disperazione.
Soccorso, soccorso quando ormai è troppo tardi. Rimasta è la carcassa, una non più implorante massa di figli di Dio o della natura lasciati morire nella tortura che il viaggio di speranza verso la fine del mondo che avanza forma nella mente con la paura.
Parlate, parlate figli di Dio sempre che voi siate in questo regno di Dio. Una benda invisibile avete sugli occhi che vi rende impossibile vederne gli specchi tragici e desolanti, urlanti e piangenti ma almeno coscienti della rovina del mondo.
Riposate, riposate miei sacri figli di Dio chiunque esso sia, dovunque esso sia. Di certo non pio per queste ossa cadute in miseria prima che si possa regalarvi un viso, un mondo e un riso per assaporare il paradiso.
Tempesta, vortice, alluvione riconoscimento, anima, esplosione. Una vita accesa, Un'esistenza sospesa, Un eterno momento un potente sentimento.
Cammino a tentoni Respiro a pieni polmoni Attendo un'eclissi Che mi conduca i passi Verso un infinito giorno Dopo tutto questo riposo notturno.
Ora che questa mano di rosa Mi ha raccolta da terra e mi posa m'immergo nel morbido tepore di questo contatto, di questo splendore, Mi faccio frugare Le molte anime rare, Mi faccio colmare dall'intenso e caldo mare, mi faccio attraversare dal vento dolcemente polare.
E infine, leggera, di peso, mi dono solo a te, tenero profondo sogno.
E tu, soldato, per che padrone urli? Per che padrone spari? Chi ti ordina di far questo a un tuo pari? Quale ragione, accusa o Dio vai proclamando credendoti pio? Cosa sognavi, bambino felice? Cosa cantavi, perduto amico? Occhi, cuore, fegato e pelle sorreggono le anime in quello scialle. E tu non sai che ti hanno aperto, prelevato ragione e di colpo coperto. Tu non conosci il feroce nemico come si insinua nel tuo intimo amico: Lo spreme, lo tiene, lo zittisce e sviene. Ma svegliati e riattiva le vene il tuo corpo ha un colore, un suono, un volo. Tu sei padrone del tuo perdono.
Gira il mappamondo, giralo in tondo Punta il dito, puntalo in fondo. Chiediti se lì, lì, scoppiano bombe si tirano sassi, si ammazzano bimbe si arrestano passi, si bloccano gesti. È il rumore sibilante delle mine volanti, il dolore assordante delle madri deliranti, gli orfani padri e i deboli figli rimasti a osservare un mondo di gigli.
Se l'uomo vedesse che stragi di sangue Se l'uomo vedesse la gente che piange. Macerie, tavoli, pelle e ossa sotto un tappeto rosso che possa celare la morte, richiamare la vita che è rimasta materia sola e sbiadita.
Un fuoco di neve che ti brucia la pelle, un pericolo in attesa che ti prende alle spalle: sei sempre in agguato mia grande passione che lotti e ruggisci come un leone.
Cercami nei sentieri Nei bui più neri Cercami nelle foreste Nelle notti più nefaste Cercami nelle praterie Nelle più tortuose vie Cercami nei prati Nei dolori più bruciati Cercami nelle caverne Nelle sofferenze eterne. Cercami nel pianto Cercami nel luogo più santo Cercami nel fuoco Cercami nel luogo più tenebroso Cercami nell'aria Cercami nella terra Cercami nella guerra Cercami, sono la tua cura.