Poesie preferite da piccolanana

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Lancia il dado

Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
Altrimenti, non cominciare mai.

Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
Ciò potrebbe significare perdere fidanzate,
mogli, parenti, impieghi
e forse la tua mente.

Fallo fino in fondo.

Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
Potrebbe significare prigione, potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.

L'isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.

E lo farai a dispetto dell'emarginazione e delle peggiori diseguaglianze. E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

Se hai intenzione di tentare,
fallo fino in fondo.
Non esiste sensazione altrettanto bella.
Sarai solo con gli Dei.
E le notti arderanno tra le fiamme

Fallo, fallo, fallo.
FALLO!

Fino in fondo,
fino in fondo

Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta
È l'unica battaglia giusta che esista.
Composta lunedì 4 novembre 2013
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    Le parole

    Le parole non hanno occhi né gambe,
    non hanno bocca né braccia,
    non hanno visceri
    e spesso nemmeno cuore,
    o ne hanno assai poco.

    Non puoi chiedere alle parole
    di accenderti una sigaretta
    ma possono renderti più piacevole
    il vino.

    E certo non puoi costringere le parole
    a fare qualcosa che non
    voglion fare.
    Non puoi sovraccaricarle
    e non puoi svegliarle
    quando decidono di dormire.

    A volte
    le parole ti tratteranno bene,
    a seconda di quel
    che gli chiedi
    di fare.
    Altre volte,
    ti tratteranno male,
    qualunque cosa
    tu gli chieda di fare.

    Le parole vanno
    e vengono.
    Qualche volta ti tocca
    di aspettarle a lungo.
    Qualche volta non tornano
    più indietro.

    Qualche volta gli scrittori
    si uccidono
    quando le parole li lasciano.
    Altri scrittori
    fingeranno di averle ancora
    in pugno
    anche se le loro parole
    sono già morte e sepolte.

    Fanno così
    molti scrittori famosi
    e molti meno famosi
    che sono scrittori soltanto
    di nome.

    Le parole non sono
    per tutti.
    E per la maggioranza,
    esistono
    soltanto per poco.

    Le parole sono
    uno dei più grandi
    miracoli
    al mondo,
    possono illuminare
    o distruggere
    menti,
    nazioni,
    culture.
    Le parole sono belle
    e pericolose.

    Se vengono a trovarti,
    te ne accorgerai
    e ti sentirai
    il più fortunato
    della terra. Nient'altro avrà più
    importanza
    e tutto sembrerà importante.

    Ti sentirai
    il dio sole,
    riderai del tempo che fugge,
    ce l'avrai fatta,
    lo sentirai
    dalle dita
    fino alle budella,
    e sarai diventato,
    finché
    dura,
    un fottutissimo scrittore
    che rende possibile
    l'impossibile,
    scrivendo parole,
    scrivendole,
    scrivendole.
    Composta giovedì 10 ottobre 2013
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Ora che sei venuta

      Ora che sei venuta,
      che con passo di danza sei entrata
      nella mia vita
      quasi folata in una stanza chiusa –
      a festeggiarti, bene tanto atteso,
      le parole mi mancano e la voce
      e tacerti vicino già mi basta.

      Il pigolìo così che assorda il bosco
      al nascere dell'alba, ammutolisce
      quando sull'orizzonte balza il sole.

      Ma te la mia inqietitudine cercava
      quando ragazzo
      nella notte d'estate mi facevo
      alla finestra come soffocato:
      che non sapevo, m'affannava il cuore.
      E tutte tue sono le parole
      che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
      alla bocca venivano da sole,

      l'ore deserte, quando s'avanzavan
      puerilmente le mie labbra d'uomo
      da sé, per desiderio di baciare....
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Padre, anche se

        Padre, se anche tu non fossi il mio
        padre,
        per te stesso, egualmente t'amerei.
        Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
        che la prima viola sull'opposto
        muro scopristi dalla tua finestra
        e ce ne desti la novella allegro.
        E subito la scala tolta in spalla
        di casa uscisti e l'appoggiavi al muro.
        Noi piccoli dai vetri si guardava.

        E di quell'altra volta mi ricordo
        che la sorella, bambinetta ancora,
        per la casa inseguivi minacciando.
        Ma raggiuntala che strillava forte
        dalla paura, ti mancava il cuore:
        t'eri visto rincorrere la tua
        piccola figlia e, tutta spaventata,
        tu vacillando l'attiravi al petto
        e con carezze la ricoveravi
        tra le tue braccia come per difenderla
        da quel cattivo ch'eri tu di prima.

        Padre, se anche tu non fossi il mio
        padre...
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          Scritta da: Antonella Marotta
          Sempre assorto in me stesso e nel mio mondo
          come in sonno tra gli uomini mi muovo.
          Di chi m'utra col braccio non m'accorgo,
          e se ogni cosa guardo acutamente
          quasi sempre non vedo ciò che guardo.
          Stizza mi prende contro chi mi toglie
          a me stesso. Ogni voce m'importuna.
          Amo solo la voce delle cose.
          M'irrita tutto ciò che è necessario
          e consueto, tutto ciò che è vita,
          m'irrita come il fuscello la lumaca
          e com'essa in me stesso mi ritiro.

          Chè la vita che basta agli altri uomini
          non basterebbe a me.
          E veramente
          se un altro mondo non avessi, mio,
          nel quale dalla vita rifugiarmi,
          se oltre le miserie e le tristezze
          e le necessità e le consuetudini
          a me stesso non rimanessi io stesso,
          oh come non esistere vorrei!
          Ma un'impressione strana m'accompagna
          sempre in ogni mio passo e mi conforta:
          mi pare di passare come per caso
          da questo mondo...
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            Scritta da: Antonella Marotta
            Taci anima mia. Son questi i tristi giorni in cui senza volontà si vive,
            i giorni dell'attesa disperata.
            Come l'albero ignudo a mezzo inverno
            che s'attriste nella deserta corte
            io non credo di mettere più foglie
            e dubito d'averle messe mai.
            Andando per la strada così solo
            tra la gente che m'urta e non mi vede
            mi pare d'esser da me stesso assente.
            E m'accalco ad udire dov'è ressa
            sosto dalle vetrine abbarbagliato
            e mi volto al frusciare d'ogni gonna.
            Per la voce d'un cantastorie cieco
            per l'improvviso lampo d'una nuca
            mi sgocciolano dagli occhi sciocche lacrime
            mi s'accendon negli occhi cupidigie.
            Chè tutta la mia vita è nei miei occhi:
            ogni cosa che passa la commuove
            come debola vento un'acqua morta.

            Io son come uno specchio rassegnato
            che riflette ogni cosa per la via.
            In me stesso non guardo perché nulla
            vi troverei...

            E, venuta la sera, nel mio letto
            mi stendo lungo come in una bara.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Felicità raggiunta

              Felicità raggiunta, si cammina
              per te sul fil di lama.
              Agli occhi sei barlume che vacilla
              al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
              e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

              Se giungi sulle anime invase
              di tristezza e le schiari, il tuo mattino
              è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
              Ma nulla paga il pianto di un bambino
              a cui fugge il pallone tra le case.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Ho sceso, dandoti il braccio, almeno milioni di scale

                Ho sceso, dandoti il braccio, almeno milioni di scale
                e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
                Anche così è stato breve il nostro viaggio.
                Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
                le coincidenze, le prenotazioni,
                le trappole, gli scorni di chi crede
                che la realtà sia quella che si vede.
                Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
                non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
                Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
                le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
                erano le tue.
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