Quando la luna tramonta e sopraggiunge la brezza fredda ad annunciare tempo di pioggia. Allora viene il sole, che si staglia nitido e sicuro nell'azzurro del cielo. E la sua luce illumina questo mondo di ombre: ecco l'alba del nuovo giorno.
La vita è un ciclo e l'uomo è come un fiore, nasce, cresce, muore. Il tempo scorre, senza posa le lancette scandiscono i minuti, poi le ore, di attimo in attimo si ascolta il silenzio, mentre le ruote inesorabilmente girano da sempre e per sempre, in tutti gli spazi e in tutti i tempi, presenti e futuri. Ma che cos'è l'attimo? Il momento singolo dell'unica sensazione di essere uomo. L'attimo è la vita, è la morte, è l'eternità rispetto a sé stessa. È la vera essenza del corpo. Ma che scopo ha la vita? La sofferenza, il dolore, il rimpianto, la noia esistenziale delle cose create. Nessuno scopo, nessuno. Niente ricompensa l'uomo per una vita di stenti, di privazioni, di miserie. Niente, su questa terra, potrà liberare la sua anima. Esiste solo lei, la Morte. Lei, signora e padrona della vita. Lei, unica, potente, grande madre, che ha tolto per restituire, perché chi vive deve morire. E sarà la vita alla vita, il dolore al dolore, la morte alla morte. E ciò che era cenere, tornerà ad essere cenere.
Non piangere donna per l'uomo che ero, guarda la luna, il sorriso del cielo. Lei veglia sul mondo con indifferenza, posta a mezzana tra angeli e scienza. Ascolta nel chiaro dell'aura lunare, i musicisti dell'ombra suonare la melodia che segna il commiato e porta via l'uomo da tutto il creato. Guarda la luna nell'acqua riflessa, guarda alla morte come ad una promessa, per una nuova vita e una nuova era che porti via il dolore di questa triste sera.
Le nuvole corrono al vento e adesso sopra di me sono e come per cancellare il mio tormento la pioggia s'accompagna al fulmine e al tuono. La pioggia che monda la terra, per renderla simile al cielo, come se volesse cancellar la guerra e sparger sopra questa un pietoso velo. A voi che eravate presenti a voi, uomini coraggiosi, che per bisogno delle vostre genti avete affrontato pericoli insidiosi. Ed ora scrivo questi pochi versi, io, che non ho paura a voi che lottaste per questi cieli tersi, che vedo adesso in questa notte scura.
Donna perché stridi e ti lamenti? I tuoi tormenti sono gridi di disperata e indomita libertà di quell'anima dannata che da sempre hai tenuta nascosta, occultata dalla debole figura che si mostra nei gesti quotidiani, negli atti e nelle generose mani di colei che crea. Libertà prigioniera di una casa senza finestre perché rea di qualche colpa passata scontasti la pena della stirpe tua e guardando vagabonda la scena del mondo, apparenza del reale, credi, illusa, alla saggezza come conoscenza del bene e del male.