Scritta da: Elettra Verganti

L'occasione di negare

Non un cenno del tuo assenso
alla catastrofe zittita
che si compie

solo lasci che accada
quest'andare incontro
al bordo sconnesso e
smottato del dividerci

Adesso è l'occasione di negare
che sia stata presunta
e non provata
la trama lanosa che
avvolgeva il freddo
il sorso alla brocca
nell'estate notturna
lo scorrere benigno
del tedio assonnato

che sia stato il commosso dell'abbraccio
soltanto e per poco una tregua all'esistere.
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    Scritta da: Elettra Verganti

    La volta che i nostri occhi

    Accadde
    noi sappiamo

    breve
    e rapido
    che parve il mimo
    delle ombre sul muro
    quando impazziscono
    le falene nelle case
    di campagna e i gechi
    si scagliano all'indietro
    arrotandosi nel vuoto

    e sembrò il balzo della serpe
    nel traverso della sterrata
    al pedalare dell'uomo
    che arresta e storta
    la retta dell'andare

    irripetuto
    improvviso
    somigliante al salto
    del pesce alato
    nella gobba dell'onda china
    al volo dell'arpione
    che nel verde dispare

    la volta che i nostri occhi
    si scambiarono gli scudi
    nel repentino duello di un
    lampo.
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      Scritta da: Elettra Verganti

      Un sussulto di lame

      Li ho tagliati

      Il nero sipario
      che tra me e te
      cadeva se incupivo

      quel manto a mezzo
      accaldato alla tua spalla
      nel sonno imprevisto

      l'orlo impuntato
      della mia fronte ferma
      sollevata nello sguardo

      ora si perde sul pavimento
      confuso nel chiacchiericcio
      ciarlato delle signore bionde
      sospinto a caso da venti artificiali

      È l'addio un sussulto di lame.
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        Scritta da: Elettra Verganti

        L'inconfessabile

        Mi diletta l'intenzionale negligenza
        la solerte amnesia della cura di me

        Più dell'usanza di lusingar se stessi
        mi par vezzo da Narciso languire al
        bocciolo maculato del dimenticarsi

        l'abbracciare il doppione compatito
        il tristo mendicante di questue mai
        raccolte, d'oboli rimessi ai generosi

        All'umana pietà chiedo peraltro che
        faccia come voglio: darmi niente e
        afferrare quel ch'è mio, ch'io possa
        urlare ai quattro venti quanto ostile
        m'è la vita e cattiva l'indole funesta

        Così mi compiango e ne ho delizia
        e posso dir poeta di quell'altra che
        derido beffarda come se non fossi

        io.
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          Scritta da: Elettra Verganti

          Tutte le cose sono mortali

          Si ostinano irrimediabili
          le crepe sulla parete nuda
          Sul dorso del cancello
          un brecciato recidivo snobba
          tre strati di vernice verde

          Dei quadri ammattonati
          mi par di vedere solo lì dove
          con metallico dispetto
          cadde la teiera grigia
          spargendo scuro sulla traccia
          incolore dell'intacco

          Tra sussulti stizziti
          le suture della vena d'asfalto
          vanificano la colata nuova
          e l'inutile rimedio
          dell'uomo in arancione

          Il cigolio del pomello non mi cura
          È nato già con lui quel suono acido
          di stoppia calpestata
          Né mi accorgo più del gocciolare
          sillabico sul rivolo della ceramica

          Tutte le cose sono mortali

          Si crespa la mano che le tocca
          annebbia l'occhio nel mirarle

          E si diviene avvezzi alla linea
          precipitata e storta che trapassa
          l'intero che eravamo.
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            Scritta da: Elettra Verganti

            Deporre il mio furore

            Acremente mi nuoce ogni sensatezza
            Da me
            dubito che
            delle cose perdute
            convenga aver memoria
            La sfera dondola, il pendolo
            si pente, l'ora ribatte la conferma
            al nostro doppio sogno senza sonno
            Rifuggiamo in due lungo opposti
            sterrati, sollevando nebulosi
            viali in uno scarto di sera
            troppo nera. Dimmi
            frasi scarne
            rapide
            che segnino dove deporre il mio furore.
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              Scritta da: Elettra Verganti

              Siedi e ricordami

              Siedi e ricordami
              ti prego
              il giorno del primo nostro
              confonderci in correnti
              d'illusioni
              allucinate verissime linde
              come lenzuola all'afa del
              portico
              Avremmo sciolto
              ordalie
              strozzato spire nel cesto
              invocato vangeli a sigillo
              del vero
              mutato un rovo in parola
              per giurare fin alle pietre
              sepolte
              ch'era immortale
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                Darmi una parvenza

                Darmi una parvenza. Annebbiare
                l'arrotarsi inesausto
                in un giro di specchi
                e lame curve
                quasi falci oscurate
                Credermi senz'occhi ossa e voce
                per la sola fiducia di
                destarmi all'
                ora della prima luce
                e avere possesso di quest'anima
                che ancor s'affida a
                un domani ch'ormai
                come rivolo
                è mancato, sperduto. E disparire.
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