E quando un amore è in declino o finisce noi siamo anime stanche e appassite. Inappetenti – i nostri corpi romantici – sono i relitti incrostati d'un perduto naufragio. Eppure – ogni qualvolta c'immergeremo in quel punto – avremo fame di un ripetuto tormento.
Nel silenzio del mare vedremo cose che erano assenti. Nuoteremo fra le mutaciche alghe – interrogheremo anche loro.
Chiederemo loro un motivo. Ma il loro danzare non ci soddisferà – non ci darà una risposta.
Volete per forza saccheggiare l'Italia! Volete rubarle zolle d'umida terra desiderando perfino cintarne l'aria e il respiro. Gli spazi – da voi delimitati – e per lo più dediti all'interesse industriale rinchiudono l'uomo e la donna al tormento rendendoli macchine inesperte di Vita facendone menti incapaci di Sogno.
Volete per forza ricreare una guerra! Volete accanirvi come cani randagi contro coloro che vi guardan con pena. Contro gli altri Italiani – che lavoran di meno o che forse non lavorano affatto... Volete per forza addolorare la Patria ripetendo la storia di Abele e Caino.
Il vino esalta quel tempo, riesumandone il male e una drammatica me; misera violetta appassita, fra le parole che non ho avuto mai. Amavo forse il tuo dolore che in te cresceva a dismisura; volevo ergermi a regina d'un miserando re! A te mi diedi interamente, credendo di farmi tua redenzione. T'amai con rabbia e con angoscia piena, nel raccattarti un bacio, nel coglierti un sorriso. T'amai, umiliata, nel silenzio duro. Nel deglutire le tue prepotenze, la casa divenne il nido dell'odio; mi derubasti d'un sogno, scaraventandomi a terra. Poi, presa a calci e battuta, sputai nel sangue pietà!
Cerco quei palpiti di silenzio conosciuti con te. Desidero ancora quegli amen d'amore. Intorno – trovo corpi già morti indesiderabili e fatui privi di luce.
Binari, lontani. Sembrano fili di lana adagiati al cemento. Trame – di somme nel tempo; di ore sottratte, d'affetti divisi. Fili – di immagini e attese – moltiplicanti.